Lavoro, molte donne discriminate
BELLUNO. Donne discriminate sul posto di lavoro. Anche oggi, all’alba del terzo millennio. A denunciare queste situazioni è la consigliera di parità della Provincia di Belluno, Rossana Mungiello.
Dal 2012 a capo di questo servizio, Mungiello di storie di discriminazione ne ha sentite molte. Molte sono state anche risolte in sede di conciliazione. Ma forse ce ne sarebbero di più se «si potessero avere aperti degli sportelli in varie parti della provincia. Gli uffici erano già stati attivati», precisa la consigliera di parità nel 2014, «ma poi l’anno seguente i fondi per questo scopo sono venuti meno e così abbiamo dovuto chiuderli. Questo significa che le testimonianze che arrivano al nostro ufficio a palazzo Piloni sono perlopiù attinenti a situazioni che si verificano nella Valbelluna. Cadore, Comelico, Agordino e comunque le zone più periferiche sono molto meno rappresentate proprio per la loro lontananza dal capoluogo».
«I problemi maggiori si riscontrano con le donne in gravidanza», racconta Mungiello. «Ho visto casi di lavoratrici che dopo aver annunciato il loro stato interessante, sono state immediatamente penalizzate», senza poi contare quello che è successo quando sono tornate al lavoro dopo la maternità. «Qualcuna è stata licenziata, qualche altra è stata demansionata. A qualche altra sono state nascoste addirittura alcune informazioni per poter svolgere appieno il lavoro, così da essere colta in fallo e trovare il motivo per licenziarle per giusta causa», spiega Mungiello. «Da me sono arrivate anche lavoratrici che erano stata trasferite in un’altra zona più distante da casa. Si tratta di donne sui 35-40 anni, ormai allo stremo, distrutte, che le hanno provate tutte per contrastare queste forme di discriminazione e che cercano, tramite la consigliera di parità, di trovare una risposta che prima non hanno avuto».
In alcuni casi, «soprattutto se si tratta di contratti a tempo determinato, consigliamo di tenere duro finché non scade, ma se siamo davanti a impieghi a tempo indeterminato le cose si complicano».
Rossana Mungiello spesso si è trovata costretta, ad andare a conciliazione con la ditta giungendo a un accordo per la liquidazione della lavoratrice. «Oppure siamo riusciti a trovare un accordo su un part time o su turni di lavoro diversi. Il problema è che le imprese e i loro orari di lavoro sono organizzati su modelli maschili, e quindi una donna con figli viene vissuta come un problema. Anche la stessa opportunità del telelavoro non viene compresa appieno. Servirà del tempo per superare queste barriere culturali». (p.d.a.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi