Le aree umide sono a rischio scomparsa: la biodiversità è già compromessa

Laghetti, pozze, torbiere: a inizio secolo in provincia di Belluno erano un centinaio, decisamente importanti. Scontano l’azione dell’uomo e le precipitazioni in calo. Ecco dove si trovano
Francesco Dal Mas

LOZZO DI CADORE. Le zone umide della provincia di Belluno si stanno prosciugando. Si tratta di laghetti, pozze d’acqua, torbiere, che fanno ancora più preziosa la biodiversità delle Dolomiti. L’Arpav ne contava un centinaio – di decisamente importanti – all’inizio di questo secolo. Lorenzo Bonometto, studioso e scrittore, ne ha indagate 93 solo in Cadore, Ampezzano e Comelico.

«Con i cambiamenti climatici, quindi con le precipitazioni meno frequenti ma più dirompenti, tanti di questi siti si sono esauriti. Non esistono più», è il grido d’allarme di Tommaso Anfodillo, dell’Università di Padova e dell’Istituto di ecologia alpina di San Vito, «e ha contribuito alla loro desertificazione l’inselvatichimento delle aree interessate e, in taluni casi, anche la gestione non particolarmente avveduta degli allevamenti».

Il punto della situazione è stato fatto, a Lozzo, nell’ambito della conferenza dal titolo: “Zone umide del Cadore: scrigni di biodiversità da proteggere, studiare e promuovere”.

Bonometto, autore del libro “Libellule del Cadore”, edito dal Parco naturale regionale delle Dolomiti d’Ampezzo, segnala che «le cause del declino sono molteplici», non solo naturali (scarsità di precipitazioni) ma anche come conseguenza dell’azione dell’uomo che in taluni casi è arrivato ad interrare e prosciugare queste aree, o ha realizzato sistemazioni idraulico-forestali quanto meno improprie. Il risultato?

«Le aree umide degli ambienti montani sono», a parere di Bonometto, «pressocché tutte compromesse e questo porta alla perdita delle peculiarità floristiche, degli anfibi e degli invertebrati».

«Bastano», secondo Anfodillo, «due settimane di mancate precipitazioni per spegnere uno specchio d’acqua in quota», là dove la quota dell’acqua – e il bisticcio di parole è solo apparente – è di poche decine di centimetri e, per contro, l’evaporazione è molto alta. Pozze e laghetti sono spesso utilizzati come abbeveratoio degli allevamenti. Oppure, al contrario, vengono interrati, magari per dare continuità al pascolo. In ogni caso mancano di manutenzione attiva. Non sono preservati, con la recinzione e lo sfalcio degli immediati dintorni, in particolare quello delle erbe infestanti. Bonometto ha indagato, tra il Cadore, l’Ampezzano e il Comelico, ben 93 stazioni.

Diciannove solo in Comelico, di cui 12 sono in comune di Comelico Superiore, col lago Sant’Anna, lago Cestella, lago dei Rospi, lago dell’Orso, torbiera di Coltrondo. E poi Costa d’Antola e Pra Picol in comune di San Pietro e le torbiere di Danta.

Diciassette in centro Cadore, dall’altopiano di Razzo a Caldepalù, alla palude di Cimbià; da Pian dei Buoi ai laghetti di Lagole.

Otto siti si trovano nel territorio di Auronzo, da Misurina ad Antorno, a le Prese.

Cortina vanta addirittura 38 di queste aree, tra laghi, laghetti, pozze. Una decina di questi siti costellano il corso medio della Valle del Boite. Sono stati monitorati anche 17 realtà ambientali ormai prive di popolamenti di libellule, dal lago di Sorapiss al lago Cadin di Comelico Superiore; dal Palù di Serla di Vodo a Fontanabona al Pian dei Buoi, al lago Popera, al lago di Lavaredo e a quello di Cengia.

Nel convegno di Lozzo è stata attenzionata – come esemplare – l’esperienza al laghetto delle Sepolture, a Pian dei Buoi. Un esempio perché, sito di grande pregio naturalistico, uno scrigno di biodiversità, a forte pericolo di estinzione, è stato recuperato, studiato e oggi rappresenta un esempio esportabile in altri luoghi in Cadore, a livello nazionale e internazionale.

La protezione del lago delle Sepolture

Lungo il sentiero delle Sepolture, che dal Bivio dei Pellegrini porta alla strada per Col Vidal, era presente negli anni Settanta una sequenza di piccole pozze. Sopravvive ancora, come ultima testimonianza e riserva genetica, questo invaso di acque libere di circa 20 x 10 metri al centro di una piccola conca con residui caratteri di torbiera.

L’eccezionalità del laghetto – come ricorda Lorenzo Bonometto, la “sentinella” di questo lago – sta nel fatto che, in tutto il complesso montuoso formato da Antelao, Marmarole e Sorapìss, rappresenta l’unica area palustre in cui è ancora presente un’estensione di acque appunto libere, risultando tra l’altro l’ultimo sito riproduttivo accertato per il tritone alpino. Il Lago D’Aosto a Domegge è oggi occluso; la stazione di Provazei ad Auronzo è ormai priva delle sorprendenti valenze presenti negli anni Settanta, e il più esteso e noto invaso del sistema montuoso, il lago Sorapìss, non ha carattere palustre. Occorre arrivare all’estremo nord del sistema montuoso per incontrare, sotto il Faloria, il piccolo prezioso lago del Vènce e pozza vicina, oltre agli altri siti di quel versante oggi compromessi. Il lago delle Sepolture è in corso di salvataggio, anzitutto con la recinzione.

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