Le imprese virtuose e la paura per le Rsa. Il prefetto: «Serve uno screening sempre più puntuale»

Adriana Cogode spinge sui comportamenti da tenere in questo periodo molto delicato per la provincia 

BELLUNO

Da due giorni la curva dei contagi sta scendendo. È un buon segnale?

«Speriamo. Lo vedremo dal monitoraggio di qualche altro giorno» risponde il prefetto di Belluno, Adriana Cogode, che non nasconde la gravità della particolare situazione del Bellunese, specie nelle case di riposo. Ma che anche riconosce l’ammirazione per come le industrie – «anzi tutti i luoghi di lavoro» – rispettano le precauzioni anti-covid.

Le imprese meriterebbero di essere risparmiate da chiusure come nel primo lockdown. Ne conviene?

«Ho apprezzato il comportamento molto civile di tutti i bellunesi nel rispetto delle regole. In particolare ho riscontrato il rigore con cui operano le attività produttive e commerciali».

È solo per i severi controlli che la Prefettura ha organizzato attraverso gli organi preposti?

«No, è un fatto culturale e di coscienza. Queste attività hanno tutto l’interesse a non chiudere».

Ma se l’epidemia torna ai livelli di marzo, bisognerà fare stop?

«Lo decideranno le autorità di competenza, sulla base di presupposti scientifici. A interpretare le indiscrezioni o le previsioni, mi sembra che non ci sia questa prospettiva. Vedremo…».

Vedremo, appunto, gli esiti delle misure intraprese con gli ultimi Dpcm. Le impennate in provincia dimostrerebbero che questi esiti, fino ad oggi, non sono stati granché produttivi.

«Io sono fiduciosa. Stiamo ai dati. Abbiamo registrato, nell’ultimo periodo, anche cento contagi al giorno. Dall’altro ieri sono una settantina di media. Per capire se il calo è reale bisognerà monitorare i prossimi giorni. E io lo farò con particolare premura. Se continuiamo a rispettare le norme di sicurezza – mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani – probabilmente continueremo a scendere».

Dove punta la sua preoccupazione?

«Territorialmente a Cortina, a Belluno e Feltre, in Cadore ed in Comelico. Le case di riposo risultano molto vulnerabili, esigono il monitoraggio più puntuale. Sono il luogo della fragilità e qui devono prestare la massima attenzione gli operatori. Il virus arriva soprattutto dall’esterno, perché l’organizzazione degli istituti pare molto severa».

Dicevamo che le fabbriche e le altre attività hanno dimostrato di essere al sicuro. Quali sono, dunque, gli altri focolai?

«La famiglia, in parte la scuola, in parte anche lo sport».

Lei si sente così sicura che porterebbe la famiglia a Belluno?

«Perché no? La situazione è sostanzialmente la stessa di Bologna».

L’altra sera si è tenuta una manifestazione di protesta. Erano in 500. Teme un’escalation, come altri suoi colleghi in giro per l’Italia?

«I fatti che cosa dicono? Si è trattato di una manifestazione importante che, va riconosciuto, si è svolta in maniera urbana, civile. Qui non ci sono problemi di ordine pubblico».

Ha dunque ragione il presidente Conte quando motiva questi sacrifici con l’obiettivo di trascorrere un Natale sereno?

«Io me lo auguro. Non solo per me e la mia famiglia, anche per tutti i bellunesi. L’importante è che si continui ad avere comportamenti rigorosi. Senza nessuna sottovalutazione».

Ci lasci con una speranza. Tra il 15 ed il 20 novembre ci sarà quel picco dal quale poi si scenderà?

«Non sono una virologa. Io mi auguro che i tempi della pandemia siano i più rapidi. Ma, lo ripeto ancora una volta: dipende dal nostro comportamento».

Nessun commento sul nuovo Dpcm?

«Non ho avuto modo di leggere nessuna bozza. Ci sono state tante indiscrezioni, alcune rapidamente smentite. Verificheremo. Sono sicura che, in ogni caso, i bellunesi sapranno essere rispettosi anche delle nuove disposizioni, seppur comporteranno qualche sacrificio». —

 

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