Le lacrime di Musumeci per il Vajont: «Investiamo di più sulla prevenzione»
Le lacrime sulle tombe delle duemila vittime. L’ira davanti all’incapacità di fare prevenzione rispetto ai piccoli e grandi disastri. La determinazione a salvare l’orso pericoloso, ma anche a capire per tempo se è pericoloso. Nello Musumeci, il ministro che non t’aspetti. Arriva a Longarone, per avviare di fatto il 60esimo anniversario del Vajont, e sorprende, con la sua puntualità di riflessione, anche chi l’ha invitato: il sindaco Roberto Padrin, l’assessore regionale Giampaolo Bottacin, il presidente di Fiera Longarone, Michele Dal Farra. Omaggia i morti nel cimitero di Fortogna, prima di salire sulla Diga di Vajont, e non vorrebbe più andarsene.
Ministro, lei aveva 8 anni nel 1963. Ha qualche ricordo, seppur indiretto, di quella notte del 9 ottobre? Perché, permetta, è commosso fino alle lacrime?
«Penso alla tragedia di migliaia di famiglie, io sono cosa significa perdere un famigliare. Non riesco a immaginare quello che migliaia di persone hanno vissuto quella notte. Il senso di impotenza delle istituzioni. Ricordo quella gente che si muoveva nel fango, il pianto disperato dei parenti. Come si fa a dimenticare, anche se si era piccoli? Come si fa a non commuoversi su queste tombe?».
Commozione e impegno.
«Commozione, preghiera e impegno. Famiglie intere sterminate… è veramente allucinante. Io credo che qui dovrebbe essere condotto ogni uomo politico animato di buona volontà per rendersi conto di che cosa significhi la prevenzione strutturale, verso la quale siamo ancora molto distratti, noi Italiani».
Colpevolmente distratti?
«Pensiamo solo a costruire, non a prevenire. Invece bisogna operare una prevenzione attenta e responsabile. Noi abbiamo in Italia la propensione a dimenticare…».
Lei ha appena scritto, nel libro d’onore di questo cimitero, che bisogna impegnarsi perché tragedie come questa non abbiano a ripetersi. Lo dicono tutti, poi…
«In occasione del 60° apriremo un confronto con il mondo della scienza e della tecnica. E intanto ricordiamoci di quello che è accaduto a Ischia e di quello che è accaduto ancora prima e ancora prima. Abbiamo perso 5.200 persone dal ’68 ad oggi».
Il terremoto del Belice, la ricostruzione ancora incompiuta.
«Appunto, nel ’68. Centinaia di morti. E la ricostruzione non si è ancora del tutto completata. Ecco perché il Governo sta preparando in disegno di legge che prevede un termine massimo di nove, dieci anni per la ricostruzione con denaro pubblico. Perché se un cittadino colpito da una calamità non avverte la presenza delle istituzioni, l’unica cosa che fa sono le valige e abbandona. E lo spopolamento è l’unico nemico che noi possiamo neutralizzare con l’intervento immediato».
Spopolamento? Intervento immediato? Signor ministro, sa la condizione della montagna? Ma quale intervento immediato?
«Siamo un Governo animato da grande buona volontà, guardiamo ad una prospettiva temporale medio lunga e quindi abbiamo la consapevolezza di poter fare tante cose. La coalizione parlamentare è solida e confidiamo in un senso di responsabilità maggiore da parte delle opposizioni perché sulle cose che uniscono bisogna stare insieme senza demagogie, al di là del rispetto dei ruoli di ognuno».
Dal Vajont, per la verità, è nato il primo embrione di protezione civile che poi si è enucleato in Friuli.
«Ecco, appunto. c’è un sistema nazionale di protezione civile che tutti i paesi europei ci invidiano eppure siamo convinti che bisogna fare di più in termine di coinvolgimento delle popolazioni locali, di consapevolezza dei rischi e della vulnerabilità dei territorio, la formazione del volontariato, l’aggregazione di nuovi volontari, qualche riordino normativo, i processi di ricostruzione che devono essere fissati nel tempo, la prevenzione strutturale che lascia ancora molto a desiderare nel tempo perché noi siamo più adusi a ricostruire che a prevenire».
Siamo un paese a rischio idrogeologico. Solo in Veneto ci sono novemila siti franosi, seimila nel Bellunese.
«Il rischio zero non esiste ma certamente esistono le possibilità di ridurre le vulnerabilità di un territorio. Questo è un territorio a rischio idrogeologico, è stato fatto tanto ma credo che ancora molto resti da fare ma in una rete tra Stato, Governo ed enti locali credo si possa lavorare bene”.
Lei ha al suo fianco l’assessore Bottacin. E quindi saprà bene che la Protezione civile veneta…
«La interrompo: in Veneto avete una grande Protezione Civile, anche grazie al ruolo vigile delle Province, che tengono alta l’attenzione a tutti i livelli. In alcune regioni ci sono ancora debolezze di uomini e mezzi, e lo Stato non si gira dall’altra parte. Il diritto alla sicurezza è diritto alla vita e non si discute. La Pc veneta è un modello. Lo so. Ma non mi faccia fare pagelle. E’ vero, serve maggiore coordinamento tra le Regioni. E se una Regione, per carenze umane o strumentali, non riesce a raggiungere i propri obiettivi, è giusto che lo Stato intervenga».
Bottacin le avrà fatto memoria che il Veneto chiede l’autonomia anche in questa materia.
«L’autonomia cammina con le gambe degli uomini ma se senza risorse non ce la fa. Ricordiamoci che le Regioni hanno competenza concorrente con lo Stato in materia di protezione civile, alcune non riescono a raggiungere i propri obiettivi e quindi bisogna sostenerle e lavorare».
Inaugurando la mostra ie ha detto che il Governo tutelerà la caccia.
«Di sicuro. Bisogna permettere ai cacciatori di svolgere la loro attività, senza lo stillicidio mediatico nei confronti del mondo venatorio. Diciamo un forte “no” al bracconaggio, ma riconosciamo che il cacciatore è presidio sul territorio, è colui che tende a mantenere l’equilibrio tra flora e fauna di cui abbiamo bisogno».
Incontrando una forestale della Provincia lei ha detto che “l’orso non va ucciso”, ma che bisogna prevenire il pericolo. E’ di questo parere anche il Governo?
«Serve coraggio nelle scelte che devono essere responsabili. Il Governo sta lavorando per trovare il corretto equilibrio tra diritto del cuore e diritto della ragione».
La provincia di Bolzano ha pubblicato un’ordinanza contro l’overturism, ad esempio, nei siti dolomitici più frequentati. Lei è d’accordo?
«Sono competenze che spettano alle Regioni e alle Province. Lo Stato deve legiferare ed è uno degli obiettivi che vogliamo raggiungere con questo Governo, proprio per evitare che ci possano essere norme ambigue».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi