Le moto e Ligabue tutto il paese unito per l’addio a Giorgio Favero
LIMANA
«Ciao bocia. Non sta far massa casin lassù, me racomande, che ’l Signor non al se arrabbie!» . Le frasi lette in dialetto e con dolcezza da una donna del Nucleo Cinofilo Fiammetta della sezione Ana di Belluno hanno accompagnato, ieri, il lungo addio a Giorgio Favero.
I funerali del ventisettenne di Valpiana scomparso nella notte tra sabato e domenica in seguito allo schianto della sua Citroen C2 contro il muretto di un’abitazione all’altezza del bivio per Saccon, a Trichiana, si sono celebrati ieri pomeriggio agli impianti sportivi di Valmorel.
Tante le persone che hanno voluto rendere l’ultimo omaggio al giovane Giorgio Favero: dagli amici ai concittadini, fino alle associazioni di volontariato, per le quali “Tocio”, così veniva soprannominato da chi gli voleva bene, era sempre in prima linea, dalla Protezione Civile ai Donatori di sangue e di organi. Tante le persone che hanno voluto essere presenti, troppe perché di posto non ce n’era abbastanza sotto il tendone allestito per la cerimonia, e così la gente si è collocata tutt’attorno: chi appoggiato al muretto lungo la strada, chi al di sopra di essa, osservando la scena dall’alto, altri invece sono rimasti lì vicino.
Ai lati dell’altare c’erano le due moto che Giorgio, meccanico di professione, amava tanto: una vespa rossa e una moto più grande, da cross, di colore nero. Sullo sfondo un tabellone che riuniva le tante foto di momenti felici trascorsi in vita da Giorgio Favero, assieme agli amici e a chi gli voleva bene, vissute tra allegria e spensieratezza, tipiche della gioventù.
E lì, poco distante, c’era anche uno striscione per commemorarlo, appoggiato di fronte a tre dei cinque trattori parcheggiati sul campo di gioco: «Farai sempre parte dello staff, raduno motoristico Valmorel. Ciao Tocio. Firmato Prade, Alex, Luca, Francesca, Elena». E poi alle 15.30 in punto ecco arrivare la bara bianca, coperta di fiori, preceduta dai consueti rintocchi a martello delle campane. Uno, due, tre, quattro. E poi silenzio. Gli Alpini, sull’attenti, si sono schierati ai lati, dando il via alle esequie, celebrate da Don Mario Doriguzzi ed intervallate dal suono della chitarra di Giorgio Fornasier.
«Undici anni fa – ha poi ricordato il Nucleo Cinofilo – quando ti sei presentato nel gruppo con la volontà di essere uno di noi eri un ragazzo. Sei cresciuto, fino a diventare un uomo, dimostrando vitalità, altruismo ed entusiasmo. Con il tuo cane Lucky sei stato presente e affidabile. Se mai mia figlia si fosse persa da qualche parte, avrei voluto che fossi stato tu a cercarla. Finché questa squadra avrà vita, tu Giorgio avrai sempre un posto tra i nostri trofei». Un lungo applauso commosso dei presenti ha preceduto di pochi istanti l’ingresso in scena di un amico del defunto, che, con voce a tratti rotta dall’emozione, ne ha tracciato un ricordo, citando i tratti del suo carattere, episodi di vita compresi, fino ad arrivare a leggere l’ultima parte del discorso.
«Hai lasciato in noi un vuoto incolmabile – ha concluso l’amico – e l’unica cosa che mi sento di dirti è solo grazie. Grazie per averci dato la possibilità di conoscerti e di averci insegnato che si può amare gli altri rimanendo se stessi. E che non bisogna mollare mai, credendo nei propri sogni, anche quando le cose sono difficili. Mentre ricambierai il saluto con il pollice alzato a bordo della tua moto, ti ripeto quello che ci dicevi: “Trema la terra, trema i cavai, ma quei de Valmorel no i trema mai”».
Le note della canzone di Ligabue “Urlando contro il cielo” hanno riecheggiato in campo, decretando così la fine del funerale, con l’avvio della bara verso il carro funebre, che ha poi proseguito per la cremazione. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi