Le piste chiuse costeranno 350 milioni ma se salta la stagione si arriverà a 600
BELLUNO
I danni da covid per lo sci e l’indotto sulla montagna veneta, per la gran parte bellunese, ammontano a 350 milioni, dal ponte dell’Immacolata al 7 gennaio. Lo ha calcolato l’Anef, ipotizzando una perdita fra i 500 ed i 600 milioni se le piste dovessero rimanere ferme anche dopo l’Epifania, sino a Pasqua. Ieri mattina si sono convocati in videoconferenza i responsabili delle diverse società impiantistiche, confermando l’impegno ad aprire in gennaio, auspicabilmente il 7, ma ponendo una precisa condizione. E cioè che da parte del governo ci siano i necessari, “indispensabili”, come ha sottolineato il presidente dell’Anef, Renzo Minella, ristori, “anzi, risarcimenti”. Il che significa non solo la copertura di quanto è stato perso durante le festività natalizie e dal ponte di Sant’Ambrogio, ma anche la dilazione delle tasse, la proroga dei mutui, e via elencando.
E questo perché – ha evidenziato Minella –, aprendo il prossimo mese, i diversi impianti sono comunque già in passivo. E pertanto continuerebbero l’attività in perdita. Perdere le festività natalizie significa infatti non contare su quello zoccolo duro su cui si fonda una stagione non in deficit. I colleghi di Minella si sono chiesti ieri mattina se non sarebbe stato più saggio, calcolando l’esposizione finanziaria da apertura, copiare quanto ha deciso l’impiantista della Val Gardena che ha scelto di mollare, di non riaprire quest’inverno.
«Tutti hanno convenuto che dobbiamo tener duro», fa sintesi Minella, «per la responsabilità sociale che abbiamo: senza le piste, quindi senza lo sci, salta una parte dell’economia turistica dei nostri paesi, delle valli». Ecco il motivo per cui in qualche data di gennaio il circo bianco si riattiverà. Con la consapevolezza, però, che senza gli sciatori stranieri i conti non torneranno del 50%. E che senza le settimane bianche, da parte delle scolaresche, si decurterà ulteriormente il budget.
«Con queste premesse è evidente che il servizio sociale che rendiamo alle comunità locali», insiste Minella, «va ripagato. E subito, senza tentennamenti». L’Anef ha fatto avere un po’ di conti al ministro Federico D’Incà che con la delegazione bellunese incontrata ieri a Roma si è impegnato a garantire i necessari ristori già il prossimo mese. «Intanto però», insiste Minella, «il governo incalzi il Comitato tecnico scientifico a restituirci le linee guida per pianificare la riapertura. Non vorremmo trovarci durante le festività o, peggio ancora, alla vigilia dell’Epifania senza sapere a quali condizioni ci faranno aprire. Se risulteranno condizioni capestro, non tutti gli impianti si adegueranno. Il numero chiuso, limitato da specifici provvedimenti dell’Azienda sanitaria, impianto dopo impianto, non sta affatto bene ai più».
Martedì a Roma ci sarà un altro incontro Anef, questa volta in sede nazionale, per decidere eventuali ultimatum. Intanto sulle Dolomiti è stata appresa, “quasi come una beffa”, la notizia che in Austria gli impianti sciistici potranno restare aperti durante il nuovo lockdown che inizierà il 26 dicembre e si concluderà la sera del 17 gennaio. C’è obbligo delle mascherine Ffp2 quando si è in coda per salire sull’impianto e a bordo di cabinovia o funivia. Le manifestazioni sportive proseguono a porte chiuse e in assenza di pubblico se all’aperto. Dal 18 gennaio l’accesso agli impianti sportivi al coperto sarà consentito solo se i frequentatori esibiranno un tampone negativo al Covid-19. Va detto, però, che gli impianti dovrebbero rimanere aperti solo per i residenti. Esattamente come era stato chiesto da talune società in Alto Adige, con tanto di no, tuttavia, del presidente della Provincia Arno Kompatscher, condiviso dai vertici del superki Dolomiti. —
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