Le placche pleuriche dovute all’amianto

Il consulente tecnico Carlo Schenardi ha consegnato la perizia del processo Turbo. Il processo riprenderà il 16 maggio
Di Gigi Sosso

PIEVE D’ALPAGO. Il nesso c’è e si vedrebbe. Parole e firma in fondo del consulente tecnico nominato dal pm Simone Marcon, nel processo alla Turbo di Pieve d’Alpago. Il dottor Carlo Schenardi (specialista in medicina legale, criminologia clinica e psichiatria forense, psicoterapeuta, perito e consulente tecnico nei distretti giudiziari della Corte D’Appello di Venezia e Trieste) ha consegnato la sua perizia sugli effetti dell’esposizione dei lavoratori all’amianto. L’esame della consulenza, inizialmente programmato per ieri pomeriggio, è slittato a un’altra udienza del procedimento che vede imputati Giovanni Boschetti e Wilmer e Ivan Genoria per lesioni colpose gravi e violazione del decreto presidenziale 303 del 1956, che obbliga datori di lavoro, dirigenti e preposti a far conoscere ai lavoratori i rischi che corrono e le norme di prevenzione. Le parti offese sono i quattro lavoratori ammalati di placche pleuriche: Walter e Adriano Peterle, Flavio Bortoluzzi e Damiano Bof

Nella sua relazione, Schenardi spiegherebbe che c’è un nesso causale tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza di quelle placche alla pleura, che anche a distanza di tempo possono diventare tumori. Il medico avrebbe ravvisato menomazioni al polmone e danni all’organo, con la conseguenza di un maggior rischio di sviluppare una patologia benigna come l’asbestosi o maligna come il mesotelioma.

I quattro operai hanno lavorato sulle turbine a contatto con le polveri di amianto, senza mascherine adatte e in mancanza di aspiratori. Le loro drammatiche testimonianze erano state rese nell’udienza del 24 marzo, dopo quella della dottoressa dello Spisal, Maria Teresa Riccio.

Walter Peterle ha raccontato del «luccichio della polvere di amianto, nei raggi di sole che entravano. Nei primi anni, non usavamo protezioni, poi sono arrivate le mascherine bianche, ma senza filtri. A pranzo, eravamo bianchi». Adriano Peterle era «forse il più a contatto con le polveri. Ce n’erano moltissime e le scorgevo a occhio nudo. A fine settimana, portavamo a casa le tute per lavarle. Non c’erano aspiratori e non avevamo alcuna informazione. Ho anch’io queste placche pleuriche e diciamo che vivo alla giornata». Flavio Bortoluzzi ha aggiunto che «lavoravamo in un ambiente pieno di polveri e, solo negli ultimi anni con maschere e cuffie. L’unica cosa che ci davano era del latte, per smaltirle». Infine, il racconto di Damiano Bof: «Una volta abbiamo lavorato a una turbina protetti da un telo di nylon. Una protezione per l’ambiente esterno, non certo per noi».

Boschetti è difeso da Massimiliano Paniz, mentre i due Genoria da Antonio Prade e Massimo Montino. Gli operai sono parte civile con Marinella Pasin, ma ci sono anche l’Aiea con Edoardo Bortoletto e la Fiom con Fulvio Carollo. Quest’ultimo ha prodotto della documentazione sui decessi di due lavoratori della Turbo.

Rinvio al 16 maggio, quando bisognerà capire anche se il giudice Antonella Coniglio è competente o meno. In caso contrario, il rischio sarebbe quello di ripartire da zero con il processo.

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