Leone d’oro a don Ciotti «cadorino con orgoglio»

Il sacerdote a ruota libera a Venezia per un premio «che mi onora e imbarazza» E poi una provocazione: «Vi esento dalle messe, ma fate il parco del Sorapiss»

PIEVE DI CADORE. Per il “cadorino con orgoglio”, don Luigi Ciotti, presidente di “Libera”, fondatore del gruppo Abele e del Cnca, sarebbe un grave peccato di omissione «andare in chiesa e non fare il parco Sorapiss, Antelao, Marmarole». Quindi? «Se volete rispettare la Genesi, non andate in chiesa ma realizzate questo parco». Il sacerdote, l’uomo più scortato d’Italia perché sotto tiro della mafia e di altre organizzazioni criminali, ieri a Venezia ha ricevuto il "Leone del Veneto 2015" dal consiglio regionale; e, ringraziando, ha detto: «Il più bel regalo che potete farmi è il parco», perché «costituirlo sarebbe un modo perfetto per prendersi carico della custodia del creato».

Ciotti si è rivolto, tra gli altri, al presidente Clodovaldo Ruffato, al suo vice Matteo Toscani, al consigliere regionale Sergio Reolon, presenti con Maria Antonia Ciotti, sindaco di Pieve, e numerosi studenti padovani dei Salesiani. Commosso lui, più commossi ancora i presenti, che hanno incorniciato la consegna del premio dentro un interminabile fragoroso applauso. «Questo riconoscimento è un onore, ma mi imbarazza; io sono un uomo piccolo, molto piccolo. Sento un forte legame con la mia terra, Pieve e tutto il Cadore, con le mie montagne, le Dolomiti», ha confessato; ringraziando subito dopo, commosso, Angelo e Olga, i suoi genitori, per il loro amore che lo ha generato. E’ tornato, quindi, a confessare il "sogno" del parco che «culliamo da anni, perché abbiamo in mente il libro della Genesi in cui Dio affida all’uomo e alla donna di coltivare e custodire il creato». Si è rivolto alla Ciotti, chiamandola «il mio sindaco», sorridendo al fatto che lei gli aveva svelato che «le nostre origini risalgono a Napoleone», ma soprattutto ringraziandola per la sottolineatura che la diversità è ricchezza. «La diversità è il sale della vita, non lo è l’avversità», ha insistito il sacerdote. Rivolgendosi, invece, ad Erica, la giovane che gli aveva partecipato l’adesione a “Libera”, così l’ha sollecitata: «Per prima cosa, sappi cogliere le cose belle, positive che ci sono; le nostre terre di montagna, davvero patrimonio dell’umanità, il mare, tutto il nostro Veneto», ma anche gli aspetti vari della vita. Si è commosso, il prete, facendo memoria, a questo punto, di sua madre che lavorava all’occhialeria Lozza («era orgogliosa di andare a sgobbare») e poi all’hotel Progresso come cameriera, dove un giorno ha imbrattato di sugo, per una svista, un ammiraglio, tirandosi dietro sensi di colpa per tutta la vita. Cose belle, dunque, ma anche cose brutte. La guerra, ad esempio. «In questa nostra terra, non dimentichiamolo mai, 60 mila soldati sono morti sotto le valanghe, 40 mila per assideramento, 50 mila in battaglia, mandati allo sbaraglio e che gridano ancora oggi il bisogno di pace». Ricevendo il Leone dalle mani di Ruffato e Toscani, don Ciotti ha voluto dedicare il premio a Romano Tabacchi, amico e poeta cadorino recentemente scomparso: «A lui dedico questo premio, e con lui a tutte le persone che hanno coerenza, onestà, tenacia; a coloro che evitano le scorciatoie e a tutti quanti sono contro la violenza e la corruzione». Impegnativo il messaggio lasciato dal prete anti droga e anti mafia: «E’ il “noi” che deve vincere, perché il bene non può essere opera di navigatori solitari. Se conosci qualcuno», ha aggiunto, sempre rivolto ad Erica, «che nella vita dice di aver capito tutto, che sa tutto, me lo saluti personalmente e cambi strada», perché «siamo tutti molto piccoli». Riferendosi alle migliaia di persone di differenti estrazioni culturali e religiose che lo stanno seguendo nelle molteplici attività in favore di una società basata su legalità e giustizia, don Luigi ha tra l’altro affermato: «Quando nel percorso della vita incontri povertà, corruzione, violenza e ingiustizia devi fare qualcosa di concreto, perché non basta commuoversi, bisogna muoversi. E dopo tutti questi anni di lavoro non posso che continuare ad augurare a tutti di trasformare l’ingiustizia in impegno».

Francesco Dal Mas

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