L’epopea del Nevegal, stazione all’avanguardia e testimone di pagine di storia dello sci italiano

Il racconto di Giovanni Viel, dalla prima edizione invernale dei Giochi della Gioventù alle gare con gli atleti azzurri fino all’Universiade del 1985 

Il ricordo



Il Nevegal è sempre all’ordine del giorno del dibattito pubblico del capoluogo. Lo è, ancor di più, in questi giorni, nei quali il mondo politico, gli operatori economici e le società sportive bellunesi si interrogano sull’inverno che vivrà – o non vivrà – il Colle. Sarà, in ogni caso, una stagione invernale molto diversa da quelle del passato, quelle degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, quando il Nevegal era una delle capitali italiane degli sport invernali.

Quel passato, quella storia, quella epopea, abbiamo voluto ripercorrere con l’aiuto di Giovanni Viel, giornalista sportivo, voce degli sport invernali ma anche memoria storica dell’attività sportiva della montagna, bellunese e pure italiana. «Molta storia dello sci italiano è andata in scena in Nevegal», esordisce Viel. «Credo si possa affermare senza tema di smentita che il Colle era una delle stazioni di sci all’avanguardia a livello nazionale. Rispetto a molti altri comprensori, il Nevegal era avanti, molto avanti. Erano anni in cui nevicava parecchio, certo, ma erano anni nei quali tante persone, in ambito imprenditoriale, amministrativo e sportivo hanno progettato, investito, inventato in termini di impianti e di eventi».

Cominciamo dagli impianti.

«Il primo impianto di risalita in Nevegal fu realizzato nella seconda metà degli anni Cinquanta, sulla Faverghera. Quell’opera diede il la a uno sviluppo importante dell’impiantistica, tanto che negli anni ’70 sul Colle gli impianti di risalita erano una quindicina: la seggiovia Aast e quella di Col Canil, le tre sciovie della Faverghera – con il “Ghiro” che costituiva una delle prime piste illuminate per lo sci in notturna – quella della Brigata Cadore, la sciovia delle Erte e quella della Grava, quella del Toront e di Busa del Camp, la manovia Jolly. C’è da ricordare anche la slittinovia che fu in funzione per qualche anno alla Casera, gestita dal compianto Arturo Orsingher».

E poi le piste.

«Erano una ventina: dalla Faverghera alla Cicio Bel, dalla Praloz alla Coca, e la Lieta, le Erte, la Brigata Cadore, la Grava, la Busa del Camp, il Toront e Costa Legner. Ben tre erano i campi scuola: quello ancora oggi funzionante, il Bambi e il Jolly. Su queste piste c’era il pienone di sci club che facevano allenare i propri ragazzi: pareva di essere ora allo Stelvio d’estate. Sono stati parecchi i ragazzi cresciuti a pane e Nevegal e poi approdati al livello nazionale».

Allenamenti, ma anche gare di livello.

«La prima edizione invernale dei Giochi della Gioventù si svolse proprio in Nevegal, nel 1970: a vincere lo slalom fu Paolo De Chiesa, poi riferimento della squadra azzurra di Coppa del Mondo e ora commentatore Rai. In Nevegal si disputarono anche i Giochi della Gioventù del 1975 e anche quella volta vinse una giovane promessa che poi avrebbe fatto carriera, quella Paola Magoni che nel 1984 alle Olimpiadi di Sarajevo vinse l’oro tra i pali stretti. Ma gli eventi che si disputarono sulle piste del Nevegal furono molteplici: ad esempio la rassegna nazionale di discesa libera giovani organizzata dalla Fisi, che all’inizio degli anni Settanta vide il successo di “Much” Mair, il campionato italiano Ragazzi, alla fine degli anni Settanta, con protagonista Richard Pramotton. Ancora, il Trofeo Agnoli, gara nazionale che veniva disputata tra gli anni Sessanta e Ottanta, e il parallelo di fine stagione che veniva disputato sul Toront e che richiamava diverse atleti azzurri. Naturalmente, non si può dimenticare l’Universiade del 1985 che vide in Nevegal la disputa delle gare di slalom e gigante e la libera donne, oltre all’inizio della storia, nel 1967, dei Campionati nazionali dell’Ana e anche l’avvio del Criterium Europeo Interbancario, nel 1961».

Spesso si tende a dimenticare che il Nevegal è stato anche, e molto, sci di fondo.

«Qui si sono disputati alcuni dei campionati italiani degli sci stretti più interessanti nella storia della disciplina. Penso a quelli del 1963, sulla pista Pineta, che videro il successo di Livio Stuffer nella 50 chilometri, gara disputata – pensate! – su due giri da 25 chilometri, e la vittoria nella 30 chilometri di Marcello De Dorigo. Memorabili furono i tricolori del 1987, a Pian Longhi, con la 50 chilometri vinta da Maurilio De Zolt grazie a un recupero finale incredibile e la 15 chilometri vinta da Albarello: per entrambi quei titoli furono l’antipasto delle vittorie mondiali che avrebbero ottenuto di lì a una quindicina di giorni nella tedesca Oberstdorf. In quel 1987 la pista sconfinò a Mareschiata, dove c’era sempre più neve e più freddo, grazie a un sovrappasso sulla provinciale realizzato in legno. Ricordo che in quegli anni il comune di Ponte nelle Alpi aveva pensato pure alla realizzazione di un sottopasso: c’era l’idea di collegare l’anello di Pian Longhi (Belluno, ndr) di dieci chilometri con quello di Mareschiata (Ponte nelle Alpi, ndr) di cinque. Ma poi non se ne fece più nulla».

«A Pian Longhi nel 1988 si disputarono anche i tricolori giovanili, con il dominio di una certa Stefania Belmondo. A proposito dei tanti eventi che vivacizzarono il Nevegal, è da sottolineare anche la disputa di due edizioni dei campionati sciistici delle Truppe Alpine: il primo nel 1967 (Gista, Gare interregimentali di sci delle truppe alpine, ndr), il secondo nel 1972 (CaSta, campionati sciistici truppe alpine)». —



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