Levatrici e mammane nella società bellunese
BELLUNO. Una delle professioni tra le più antiche al mondo. Un sapere femminile trasmesso e arricchito da una generazione all’altra. È la storia delle levatrici. Una storia che lo storico bellunese Ferruccio Vendramini ha scelto di raccontare nel suo ultimo libro, dal titolo “Nascere in montagna - Levatrici e mammane nella società bellunese fra Ottocento e Novecento”.
Un tema nuovo, non molto trattato, che lo storico e scrittore bellunese ha trovato da subito interessante.
«L’idea è nata dalla mia frequentazione dell’archivio comunale di Belluno», spiega Ferruccioi Vendramini, «in cui ho trovato tutti i documenti che parlano delle levatrici fino al periodo fascista. Io mi occupo di storia locale, che ritengo essere un modo per lavorare insieme attorno a un'identità aperta e continuare a riconoscersi in un passato, e mi è sembrato che la tematica fosse molto buona».
Nel libro, che conta ben 240 pagine ed è edito Cierre, Vendramini traccia uno spaccato della Belluno otto-novecentesca che questa volta mette in primo piano le donne. Al centro le figure delle madri di paese, a volte sole e in difficoltà, che si affidano ad altre donne, pratiche, affidabili ed esperte, grazie a una tradizione che tramanda di donna in donna il sapere legato ai “riti della nascita”.
«Il mio lavoro parte addirittura dal periodo napoleonico», precisa lo storico, «e passa poi a quello austriaco, durante il quale era stata emanata una legge che stabiliva che le levatrici, per esercitare la professione, dovevano essere formate e appositamente preparate».
E se prima erano chiamate “mammane”, nel corso dei decenni le levatrici acquistano professionalità e competenza, passando alla condizione di “ostetriche”.
«Le leggi specifiche avevano ragione di esserci», dice ancora Vendramini, «dato che la mortalità dei neonati durante il parto era molto elevata. Una mortalità che cominciò a scendere durante il Regno d’Italia. Man mano che acquisivano professionalità, le ostetriche sono riuscite un po’ alla volta anche a costituirsi in Ordine, nato nel 1921, un anno prima dell’inizio del periodo fascista».
Ed è proprio durante il fascismo che la figura delle ostetriche comincia ad assumere un’importanza ancora maggiore. Non a caso sono gli anni della nascita dell’Onmi, Opera nazionale maternità e infanzia, «anche se la politica fascista», commenta Vendramini, «distruggeva quello che creava. I figli venivano allevati per essere mandati in guerra».
Ma nella storia delle levatrici ci sono aspetti della realtà bellunese che l’hanno distinta da qualsiasi altro contesto? «La fatica di nascere in montagna c’è stata ed era evidente», mette in risalto Vendramini. «Eppure in provincia di Belluno, nonostante le difficoltà legate anche alle condizioni meteorologiche, la mortalità dei bambini durante il parto non è mai stata troppo elevata. Non dimentichiamo che il tema delle levatrici è sempre stato legato a quello della salute».
Il lavoro di Vendramini sarà presentato domani alle 10 presso la Sala Bianchi di Belluno, in un incontro, nell’ambito della Giornata internazionale dell'Ostetrica, organizzato dal Collegio interprovinciale Ostetriche e dal Coordinamento donne Belluno Spi Cgil. Interverranno il segretario generale Spi Cgil Belluno Renato Bressan, la ricercatrice Isbrec Paola Salomon, Franca Cosmai, ricercatrice Università di Padova e Milano, Matteo Parro, ostetrico legale e forense, oltre a Barbara Guarinoni, presidente Collegio interprovinciale ostetriche e Diana Perli, Coordinamento donne Spi Cgil.
Verrà inoltre consegnato un riconoscimento alle ostetriche che hanno raggiunto il 50° anno di iscrizione all'Albo. Ma quello presentato domani non sarà l’ultimo libro di Vendramini. A breve infatti ne uscirà un altro (tema la storia dei Comuni) in occasione dell’ottantesimo compleanno dello storico.
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