Levego in marcia «Basta col cemento distrugge l’ambiente»

Cinquanta persone hanno manifestato ieri contro l’area artigianale e la perdita del biotopo umido
PERONA - BELLUNO - Manifestazione a Levego contro la distruzione del Biotopo nell'ex cava di argilla per costruire una zona industriale - LEVEGO - BIOTOPO - MANIFESTAZIONE
PERONA - BELLUNO - Manifestazione a Levego contro la distruzione del Biotopo nell'ex cava di argilla per costruire una zona industriale - LEVEGO - BIOTOPO - MANIFESTAZIONE

BELLUNO. Una vasta distesa di fango e tre ruspe parcheggiate nella piana fra il Piave e la statale raccontano la storia recente del biotopo di Levego. Un ecosistema che è stato distrutto per far posto alla futura area artigianale, progetto contro il quale ieri ha protestato una cinquantina di persone.

Una manifestazione pacifica, cominciata con un corteo dall'asilo di Levego e terminata nella zona che, presto, ospiterà i capannoni industriali. Quanti, non si sa. La certezza è che i mezzi hanno iniziato le operazioni per predisporre l'area all'edificazione, e del canneto nel quale dimoravano anfibi, diverse specie di uccelli e piante anche rare, non c'è più traccia.

Quando il corteo ha raggiunto la piana, attraversando Levego vecchia, si è ammutolito. A rompere il silenzio, solo il canto di una raganella. Due manifestanti hanno piantato uno striscione nero: “Basta cemento a Levego”. Era stato esposto anche qualche mese fa, quando le ruspe avevano fatto la loro prima comparsa nella piana. Dopo i primi lavori, la natura si era ripresa i suoi spazi, cancellati qualche giorno fa alla ripresa delle attività. A gennaio era morta un'alzavola, ricorda Flora Rossi, che ha chiesto di ricordare l'animale con «dieci secondi di silenzio», prima di iniziare la manifestazione. Pochi giorni fa «è stata uccisa tutta la fauna che dimorava nel biotopo umido», ha aggiunto Federico Balzan, esperto naturalista e residente a Levego, nonché organizzatore della manifestazione di ieri. Che ha raccolto un buon numero di partecipanti, considerando il poco preavviso. Balzan ha ricostruito la vicenda dell'area artigianale, progetto che si trascina da oltre vent'anni e frutto «di una pianificazione vecchia, non più al passo con i tempi».

Se negli anni '80 l'area artigianale «sembrava necessaria, oggi non lo è più. Ci sono molti capannoni invenduti o sfitti in altre zone della città», ha aggiunto. I cittadini hanno contestato la cementificazione del territorio, la distruzione di un ecosistema, si sono chiesti se «abbia senso costruire capannoni in una zona che sarà sempre umida, perché il terreno è argilloso». Contro la devastazione ambientale è stato anche presentato un esposto indirizzato alla Comunità europea, al ministero dell'Ambiente, al corpo forestale dello Stato, a Regione, Provincia, Comune, Unione montana e Parco: «I mezzi sono entrati in funzione nel periodo riproduttivo della fauna, che è stata completamente uccisa», ha ribadito Balzan, secondo il quale la distruzione era evitabile. «Sarebbe bastato utilizzare lo strumento della perequazione urbanistica, spostare questi volumi in un'altra area, magari già compromessa».

«A chi giova tutto questo? Perché votiamo un sindaco se poi non interviene per cambiare un Prg obsoleto?», si è chiesto Piero Sommavilla. In molti interventi il tono era rassegnato («ormai questo biotopo è perduto, ma facciamo in modo non succeda altrove»), qualcuno ha proposto di organizzare una mostra per raccontare cos'era il biotopo di Levego e cosa ne è rimasto. Altri, però, non ci stanno a rassegnarsi. «Anche in Valle del Mis ci avevano detto che non si poteva più fare nulla, che il progetto era in stato troppo avanzato», ha ricordato Lorenzo Bogo. Com'è andata in quell'occasione è storia nota: i lavori della centralina idroelettrica sono stati fermati. E anche se a Titele i luoghi devono ancora essere ripristinati, «io qui di capannoni ancora non ne vedo. Stiamo uniti, si può ancora fare qualcosa», ha chiuso Bogo.

Alessia Forzin

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DELLA PROTESTA DI LEVEGO

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