L’ex direttore Martino fa causa al Parco per le sue spese legali
L’ex direttore fa causa al Parco. Incassata un’altra sentenza di assoluzione in sede penale, Vitantonio Martino ha innescato un procedimento civile nei confronti dell’Ente Parco delle Dolomiti Bellunesi. Lo scopo è quello di ottenere il rimborso integrale – o almeno parziale – delle spese legali, che ha dovuto sostenere per difendersi in maniera adeguata nei processi affrontati in questi anni.
Non si conosce la cifra precisa e nessuna delle due parti in causa ha interesse a renderla nota, ma oggettivamente non può esserci stata una parcella economica: «Quello che posso confermare è l’esistenza di questa causa nei confronti del Parco», ammette Livio Viel, uno dei due avvocati che hanno sostenuto la parte civile nei vari procedimenti, «aggiungo che siamo in fase di transazione, ma non posso certo essere io a dire di quanti soldi stiamo discutendo».
In sostanza si sta cercando un accordo economico che vada bene a tutti e metta fine alla controversia. Impossibile prevedere i tempi necessari ad arrivare a questa soluzione condivisa.
Il terzo processo è finito nel settembre scorso. Vitantonio “Nino” Martino è stato assolto perché il fatto non costituisce reato dai capi d’imputazione ancora validi e pronunciato una sentenza di non doversi procedere per quelli ormai prescritti, perché troppo vecchi. In tutto, erano una trentina e andavano dalla truffa, al falso, al peculato e all’abuso d’ufficio. Per il pm Faion, che aveva ereditato il fascicolo dal procuratore Pavone, Martino andava condannato a quattro anni e sei mesi con le attenuanti generiche, per quella che nella sua requisitoria aveva definito «gestione entusiastica, ma padronale». Viel aveva aggiunto alla pena ritenuta di giustizia un risarcimento danni di 70 mila euro, compresi quelli di immagine e materiali, con un anticipo di 25 mila e la sospensione condizionale della pena subordinata al loro pagamento. Secondo lui, si era trattato di una «gestione imprenditoriale sì, ma per se stesso».
La difesa Casciarri, invece, aveva puntato fin da subito sull’assoluzione, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, sulla base del fatto che «c’era una grande voglia di lanciare il Parco». Adesso la causa civile. –
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