L’ex questore «Mai autorizzato le manutenzioni al tiro a segno»

Al processo contro l’agente Michele Menestrina ha parlato anche il collega che lo ha denunciato Spunta una lettera anonima

BELLUNO

Lettera anonima con foto. Colpo di scena in apertura di udienza del processo al poliziotto Michele Menestrina, accusato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, truffa aggravata allo Stato e abbandono del posto di servizio. Il difensore dell’imputato, Patelmo ha fatto sapere al giudice Feletto di aver ricevuto il 3 luglio una missiva senza firma e contenente la fotografia di un testimone già sentito, intento a farsi gli affari suoi e non a lavorare. Non ha specificato chi sia il soggetto e non è stato possibile saperlo nemmeno dopo il rinvio al 17 gennaio, ma è tutto in Procura.

Sentito l’ex questore Attilio Ingrassia, prima del confronto tra il collega accusatore Cristiano Faccin e l’imputato Menestrina. Tutti sono d’accordo sul fatto che non avessero un buon rapporto, per il resto i due non sono concordi davvero su nulla. Faccin sostiene di «non aver mai saputo che Menestrina andasse a fare manutenzioni straordinarie al poligono del Tiro a segno nazionale», del quale era presidente, per i danni provocati dalle cartucce camiciate. «A me non ha mai chiesto di lasciare l’Ufficio tecnico logistico della caserma Raniero». Menestrina ha ribattuto che «chiedeva sempre il permesso al suo capoufficio e non avrebbe mai fatto diversamente. Comunicavo a Faccin e venivo autorizzato».

Nell’esame dell’imputato reso nell’udienza di metà maggio, lo stesso Menestrina aveva dichiarato che le sue assenze erano «autorizzate dal questore e dal capo di gabinetto Luca Fodarella». Si trattava di chiederlo al questore Ingrassia, ma non l’avevano fatto né il pm Marcon né l’avvocato Paolo Patelmo, pertanto ha dovuto pensarci il giudice Angela Feletto. C’era un accordo verbale che consentiva a Menestrina di mescolare il mestiere di poliziotto e il ruolo di presidente del Tiro a segno nazionale? «No, assolutamente», è stata la risposta dell’ex questore, che ha chiuso la carriera tra Varese e Savona, «il ripristino del poligono era un compito del Tiro a segno nazionale e non certo della polizia».

Due i testimoni della difesa, che avevano aperto il processo pomeridiano. Entrambi hanno sottolineato che Michele Menestrina era tutt’altro che un assenteista. Spesso era lui a chiedere se c’era qualcosa da fare, in quanto non aveva lavoro da sbrigare e questo succedeva anche in occasione della Festa della Polizia, quando l’allestimento era basato sul volontariato e non c’erano obblighi particolari. Menestrina c’era sempre, forte anche di un curriculum e di una serie di riconoscimenti notevoli.

Eppure la Procura della Repubblica gli contesta 33 ore e 27 minuti di assenze (un migliaio di euro di danno) rilevate dal gps fatto montare sotto la sua utilitaria, fra il 30 giugno e il 27 luglio 2015. L’imputato si giustifica con le manutenzioni straordinarie della struttura di via Fratelli Rosselli che presiedeva e nella quale si svolgevano le sedute di addestramento dei poliziotti. Ma il dispositivo racconta che poteva trovarsi un bar di via Agordo; in via del Boscon, al consorzio agrario o alla discarica; al centro commerciale Veneggia; in un ristorante di via Caduti 14 settembre 1944; in via Andrea di Foro e a Provagna, frazione di Longarone. Manca un teste della difesa, al quale Patelmo non ha voluto rinunciare. Poi discussione e sentenza. —



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