L’impresa Bortoluzzi 1901 srl chiede la cassa in deroga

La domanda è arrivata la settimana scorsa alla Regione Veneto che l’ha accettata

BELLUNO. La Bortoluzzi 1901 srl in concordato preventivo chiede la cassa in deroga.

La domanda è arrivata la settimana scorsa alla Regione Veneto che l’ha accettata.

L’impresa edile Bortoluzzi 1901 dal febbraio 2013 è stata ammessa al concordato preventivo dal tribunale di Belluno, il quale ha approvato così il piano di salvataggio della storica azienda della famiglia Bortoluzzi. Con questa manovra l’azienda ha cioè cercato di salvare 40 posti di lavoro.

La situazione della Bortoluzzi 1901 rientra così a pieno titolo nella crisi del settore dell’edilizia iniziato nel 2008 e che ad oggi pare non avere ancora trovato la fine. Anzi, la situazione pare complicarsi sempre di più.

La storica impresa edile, nata appunto nel 1901 e artefice in provincia di numerose opere pubbliche, ha iniziato ad accusare alcuni pesanti problemi negli ultimi anni. Diverse le cause: il cattivo esito di alcune iniziative imprenditoriali, la crisi generale del settore immobiliare, i fallimenti di alcune aziende debitrici, i tempi oltremodo dilatati dei pagamenti, gli alti interessi passivi sui prestiti e alcuni investimenti bancari andati male. Ora avrà a disposizione sei mesi per cercare di rimettersi in piedi in modo più stabile.

Un’altra impresa in crisi è la De Cian Albino, una trentina di addetti, e che, sulla scorta della Bortoluzzi, ha già chiesto al tribunale bellunese l’ammissione al concordato preventivo in continuità. All’incontro dell’altro giorno in Confindustria, la ditta ha chiesto anche di tenere valida la mobilità per nove dipendenti, cosa che è stata contestata dal sindacato che ha chiesto di attivare la cassa o la sospensione e al termine di questi ammortizzatori rivedere come stanno le cose. «Cerchiamo di salvare i posti di lavoro», precisa Adriano Tiziani della Feneal Uil, tra coloro che stanno seguendo la partita. «La cosa che ci preoccupa è che con la nuova normativa con il concordato preventivo si potrebbe arrivare a pagare ai creditori soltanto il 20-30% di quanto avanzano, non più il 70% fisso come era prima. In questo modo, però», ragiona Tiziani, «si mettono in crisi le altre aziende dell’indotto che, come succede per la ditta edile, contano molto sul rientro dei crediti per poter sopravvivere. Ricorrendo al concordato preventivo, invece, rischiano di chiudere anche loro». (p.d.a.)

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi