L’INCHIESTA / La carica dei veneti all’estero a far fortuna

Tanti ragazzi partiti per il mondo: c’è il pizzaiolo di Berlino con la laurea e il ricercatore al Mit di Boston che guadagna quattro volte che in Italia

PADOVA. Laurea in tasca, dopo due anni da informatore scientifico del farmaco in Italia adesso fa il pizzaiolo a Berlino a milleduecento euro al mese. «E mi trovo benissimo: ogni pizza è diversa e deve essere migliore della precedente». Sebastiano Scattolin ha ventotto anni, è nato a Mogliano e ha studiato a Mestre e Padova. Con la sua ragazza, Beatrice Carraro, 24 anni di Santa Maria di Sala, musicista, ha deciso di trasferirsi a Berlino lo scorso ottobre. «Lei lavora con l’ex assistente di von Karajan, siamo felici e abbiamo comprato pure casa». A Berlino? «Sì, 75 metri quadrati, a dieci minuti da Alexander Platz, a centomila euro. Vado a lavorare in bicicletta».

La loro è una delle centinaia storie che rappresentano la fuga di talenti che attraversando il Veneto. Un recente studio quantifica in duemilacinquecento i giovani veneti che, ogni anno, lasciano il paese per affrontare una nuova avventura. «La svolta – racconta Scattolin – è stata due anni fa, durante un viaggio alle isole Lofoten. Ho visto due motociclisti norvegesi che appoggiavano i loro caschi, incustoditi, sulla moto. Mi sono detto: in Italia una scena del genere non l’avrei mai potuta vedere. Non voglio vivere in un paese dove vince l’arroganza, il poco rispetto per gli altri. E siamo partiti».

Dai servizi all’università, dall’agricoltura alla cooperazione, i campi nei quali i talenti veneti si applicano sono i più diversi. Il fisico Paolo Zuccon, trevigiano di 39 anni, faceva il ricercatore all’università di Perugia. Ora ha vinto una cattedra al Mit di Boston per studiare il Big Bang, il suo stipendio è quadriplucato. Rita Ugarelli, 38 anni, ingegnere di Conegliano, insegna in una università norvegese, dove guadagna otto volte quel che percepiva in Italia da ricercatrice. E poi Mirko Santello, 28 anni, veneziano di Mira, biologo molecolare: fa il ricercatore in Svizzera. Eddy Zamperlin, 33 anni, di Montagnana: fa il cooperante in Congo. Come loro, migliaia di altri veneti.

Basta scorrere i commenti sul nostro sito web per capire che il fenomeno dei talenti in fuga è molto più esteso di quanto si pensi. Tecla Teresa Dal Martello scrive: «Ho due figlie, scuola inglese, liceo, università ed entrambe adesso sono all'estero, la maggiore è partita per l'Australia e ha trovato lavoro come architetto presso una grossa società, la piccola sta ancora studiando, ma preferisce vivere in Brasile. Non ci hanno pensato due volte». Luisa Canton le risponde: «Buona fortuna alle tue figlie, la mia ha solo 3 anni, ma vedo sempre più concreta la possibilità che in futuro compia una scelta simile». Aggiunge Stefano Dal Molin: «Io son 26 anni che mi trovo a Berlino. Tornare ? Mai pensato». Francesca Cannini, padovana: «Da due anni in Danimarca, non ancora del tutto integrata ma come Biologa in ricerca energetica su alghe blu e fotosintesi ben accettata dai colleghi e lo staff in generale. Mi hanno dato casa e tutte le possibilità di corsi di lingua, mezzo per muovermi e un paio di extra. Tornare? Non credo».

Francesca Rossini: «Ho 28 anni e vivo a Dublino.Qui ho un stipendio più che adeguato, riesco a mantenermi da sola,sono ben integrata, di tornare non ci penso nemmeno. Qui le persone hanno senso civico e riesci a fare carriera senza spintarelle e raccomandazioni. Non vedo perchè dovrei tornare in Italia». Stefano Coratella: «Ho 26 anni, vivo all'estero più per imparare l'inglese e seguire un dottorato di ricerca che per fuggire dall'Italia ma penso che resterò fuori dall'Italia anche dopo il mio PhD. Le conoscenze di moltissimi laureati non vengono giustamente ripagate in Italia». Renato Faggian: «Ho 39 anni e dopo Spagna, UK ed Olanda, finalmente ho trovato il mio posto ideale in Svezia. Vivo a Kalrstad, circa 85.000 abitanti, con la mia famiglia (ho 3 bimbi piccoli da 6, 4 e 2 anni).Padova é nel mio cuore, infatti torno quando posso, ma qui vedo migliori opportunità sia per me sia per i miei figli. Qui la società è meritocratica e c’è veramente pari opportunità. Le due bimbe piú grandi parlano già italiano, inglese e svedese». Catia Gasparotto: «Ciao, io abito da più di un anno a Cork e lavoro in una multinazionale americana. Lo stipendio è quasi il doppio rispetto a quello base in Italia, non c'è inquinamento e la gente è cordiale. Certo, Padova mi manca ma penso a quali alternative avrei se ritornassi...se son fortunata forse un lavoro precario e sottopagato...non mi andava di buttare anni di sacrificio nello studio..speriamo che qualcosa cambi..»

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