L’industria del tabacco fa la spesa a Dosoledo

Silvio Zandonella Callegher produce delle lame affilatissime in ceramica termica che fanno funzionare i macchinari delle multinazionali della sigaretta
Di Stefano Vietina

DOSOLEDO. «Lavoro tanto per l'industria del tabacco, ma non ho mai fumato una sigaretta». Sorride, Silvio Zandonella Callegher, mentre mostra con un certo orgoglio i suoi prodotti e si muove da vero artista della meccanica fra le sue macchine. Perché è proprio lì, in via Celeste De Martin 1/A, subito dietro la chiesa di Dosoledo, in una casa che ha oltre 200 anni e che ha ospitato otto generazioni, che lui dà vita ad alcuni prodotti senza cui le “bionde” non potrebbero essere fatte.

«Realizzo quelli che, in termine tecnico, si chiamano snervatori», spiega, «ovvero lame affilatissime che servono a togliere la tensione alla cartina delle sigarette. In pratica cosa succede: la carta che avvolge le sigarette si presenta in bobine da 70/80 cm di diametro e scorre in una macchina dove entrano il tabacco ed il filtro che la carta deve avvolgere; ed il cilindretto resiste solo se i due lembi risultano debitamente incollati. Si tratta di macchine che producono da 8.000 a 21.000 sigarette al minuto, ed in una frazione di secondo la carta deve rimanere attaccata; ma se c'è tensione i lembi si aprono. Le mie lame allentano questa tensione».

Ogni 10 milioni di sigarette la lama perde il filo e quindi va sostituita con un'altra con il filo perfettamente vivo. Ed è questo che Silvio sa fare, affilare sapientemente delle lame realizzate in ceramica tecnica, composta al 99% da allumina (ossido di alluminio), sinterizzata (compattata, ndr) a 1.800 gradi: un materiale che, per durezza e resistenza, viene subito dopo il diamante.

«Con lo stesso materiale», spiega Silvio, «faccio anche i rulli che danno la colla alle cartine di sigarette e che hanno sulla superficie micro-scanalature profonde 2 o 3 centesimi di millimetro e tolleranze di un millesimo di millimetro».

Una precisione che gli ha consentito di ricevere la qualifica di fornitore “Gold” dalla multinazionale italiana G.D. Spa di Bologna (2.800 dipendenti), leader mondiale nella costruzione di macchine per la produzione e il confezionamento di sigarette. Macchine di cui si dotano i grandi marchi, dalla Philip Morris alla Imperial Tobacco alla British American Tobacco. Ma per arrivare qui, Silvio Zandonella Callegher è partito da lontano.

«Ho fatto le elementari a Dosoledo, in piazza Tiziano, poi sono stato due anni in un aspirantato dei salesiani a Penango di Asti. Mi era venuta la vocazione a 11 anni, vedendo la vita di mio zio don Florindo, missionario in Patagonia».

Poi, dopo due anni, a causa dell'influenza asiatica che lo aveva debilitato, Silvio torna a casa ed i suoi decidono di fargli provare un mestiere; e lo mandano a Monza dallo zio Daniele che di lavoro faceva il “clomper”, ossia lo stagnino.

«Giravamo tutto il giorno a piedi e lo zio gridava “è arrivato il magnan” (il nome lombardo dello stagnino, ndr); raccoglieva le pentole, che portava in laboratorio caricate sulla sua bicicletta e poi le riconsegnava riparate il giorno dopo. Io dietro, per chilometri e chilometri, con qualche pentola sulle spalle. Ma, dopo qualche mese, nel momento in cui il rame cominciò ad essere sostituito dall'alluminio e dall'acciaio inox ed il lavoro quindi diminuiva, lo zio mi propose di fare l'apprendista tornitore in un'officina che faceva ricambi per la motociclistica Motom Guadagnavo 1.500 lire alla settimana, nel 1955», ricorda Silvio, «e da lì è partita la mia carriera. Ma, a 17 anni, ho subito capito che dovevo saperne di più di meccanica; e così per cinque anni ho fatto la scuola serale organizzata dagli industriali di Monza e Brianza, con i professori scelti fra i migliori manager e tecnici di Singer, Pirelli, Marelli, Salmoiraghi. E alla fine sono diventato disegnatore meccanico progettista».

Una lunga esperienza, fino alla pensione, giunta nel 1994.

«Ho capito presto che per imparare bisogna cambiare spesso ditta, ed io nella mia vita ne ho cambiate nove: da una che faceva frese per il legno ad un'altra che realizzava macchine per tagliare la carta, fino alla “ Fer” (Fabbriche elettrotecniche riunite) di Seregno, che lavorava la ceramica tecnica. E dove mi sono tolto belle soddisfazioni anche progettando macchine per automatizzare i processi del lavoro».

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