«L’Is? Quel bambino non è Ismail»
BELLUNO. «Non chiedetemi come lo so, ma ho la certezza che il bambino di quella foto non è Ismail». Il procuratore capo di Belluno, Francesco Saverio Pavone, vuole chiudere la tempesta di indiscrezioni attorno all’identità del bambino ritratto in almeno due immagini provenienti dalla Siria e “riconosciuto” dalla madre Lidia Solano Herrera. Ismail Davud Mesinovic, poco più di tre anni, bellunese di nascita e figlio della donna cubana e del bosniaco Ismar Mesinovic morto in Siria mentre combatteva in nome dell’Is, manca dalla sua casa di Longarone da un anno, cioè da quando il padre l’ha portato via con sè facendo rapidamente perdere le proprie tracce. Diretti in Bosnia dai nonni, padre e figlio sono spariti nei primi mesi dell’anno, fino a quando si è saputo della morte di Ismar ad Aleppo e in molti hanno pensato che il piccolo fosse in Siria con il papà. Ma non c’è prova e nessuno ha idea di dove si trovi il bambino.
«Ormai è da aprile che ho avvisato il dipartimento di giustizia minorile del ministero», spiega il procuratore Pavone, «ho fornito tutte le indicazioni e le informazioni in nostro possesso per l’attivazione di tutte le misure possibili a livello diplomatico internazionale. Non è vero che siamo fermi», protesta Pavone che si dice indignato per le accuse rivolte da alcuni media nazionali di una presunta inerzia della procura bellunese. «Gli organi competenti si diano da fare senza accampare scuse», sbotta Pavone, che nel frattempo le “sue” indagini le sta facendo. «Ho fatto accertamenti, non posso dire quali ma il bambino della foto non è Ismail», insiste il procuratore mostrando un giornale con l’immagine del bimbo sulla moto con un uomo barbuto.
«Mi si contesta di non aver ancora emesso un decreto di rimpatrio, ma a chi dovrei consegnarlo? Finché non sappiamo dov’è il bambino e con chi, abbiamo poco da emettere decreti e in ogni caso se la polizia lo trovasse non sarebbe certo la mancanza di un decreto a frenare l’intervento. Allo stesso tempo, se il bambino fosse davvero in Siria, o in un altro paese senza accordi specifici con l’Italia, i nostri uomini verrebbero arrestati appena messo piede oltre confine. Per non dire di peggio».
Insomma, prima bisogna scoprire dov’è Ismail, poi si può andare a prenderlo mettendo in moto la diplomazia internazionale: «In questo momento tutte le polemiche sono inutili: con assoluta certezza ribadisco che quel bambino non è Ismail e le notizie ufficiali verranno date se e quando ci saranno». Le indagini della procura di Belluno, dunque, non sono archiviate e all’ipotesi di reato di sottrazione internazionale di minore si va affiancando quella di rapimento, visto che il padre autorizzato a portare il bambino all’estero è morto. «Ma la situazione non cambia».
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