Lo aspettano alla messa di Pentecoste Don Gabriele trovato morto in casa

Non vedendolo, i fedeli di Colle sono andati nella canonica e hanno fatto la triste scoperta. Domenica sera il malore fatale

Francesco Dal Mas

SELVA DI CADORE

Come può morire un prete amato da tutti, che al suo amico Roberto Padrin aveva confidato, solo qualche settimana fa: «Il coronavirus sa essere anche buono, ha risparmiato i bambini«. E che, nel passato, allo stesso Padrin, aveva fatto un’altra confidenza: «Il mio grande desiderio è di morire in Terra santa, magari al Santo Sepolcro». Parliamo di don Gabriele Bernardi, 72 anni, trevigiano di Loria, parroco a Selva di Cadore, Pescul e Colle Santa Lucia.

Sono le 8 di ieri mattina. A Colle hanno preparato la chiesa per la solennità di Pentecoste, con messe, adorazioni, veglie. «Ci vediamo domani mattina, puntuali alle 8», Aveva raccomandato domenica sera don Gabriele, salutando i devoti dopo l’intera giornata di adorazione del Santissimo. «Eravamo tutti in chiesa ad aspettare il parroco», racconta Paolo Frena, il sindaco di Colle, componente anche del consiglio parrocchiale, «non vedendolo arrivare ci siamo preoccupati».

Annalisa Frena, sorella del sindaco, si fionda in macchina fino a Selva. «Ho trovato inspiegabilmente la porta aperta e ho avuto un colpo: don Gabriele stava seduto immobile sul divano, non dava segni di vita».

La signora è rientrata di corsa a Colle, ha parlato al fratello. Paolo, impallidito, ha informato i fedeli, che si sono raccolti subito in preghiera. E insieme alla sorella ha raggiunto immediatamente la canonica. «Sì, il nostro “don” era veramente morto. Da una parte il cellulare, sulla tavola la cena preparata da Maria Lorenzini; il piatto ancora coperto da un tovagliolo, con un grazioso fiocco. Frena ha chiamato prima la sacrista, appunto la signora Maria, poi la sindaca, Silvia Cestaro, che stava però a Treviso. Quindi Padrin, che, costernato, ha subito telefonato alla famiglia Bernardi. E naturalmente il vescovo, Renato Marangoni, che ha annullato ogni impegno ed è salito a Selva. Accertata la morte del sacerdote, le pompe funebri sono arrivate con la cassa e la salma è stata esposta in chiesa. Una processione continua di fedeli, amici, estimatori.

Domenica mattina don Gabriele aveva celebrato la messa a Colle, soffermandosi sulla Pentecoste che conclude i 50 giorni dalla Pasqua. Una data simbolica. «Mi ha impressionato quell’omelia, quella insistenza di don Gabriele sulla conclusione del ciclo pasquale. Mi ha fatto ricordare quanto lui sospirasse la fine della pandemia, le confidenze che ci faceva nei numerosi incontri», riferisce il sindaco, «la preoccupazione che lo coglieva, le riserve per le decisioni che come autorità sanitaria ero costretto a prendere, ma anche l’obbedienza che s’imponeva e che suggeriva».

Scioccato il vicesindaco Carlo Agostini, responsabile del Consiglio per gli affari economici della parrocchia. Sua l’ultima telefonata con don Gabriele: dovevano perfezionare i preparativi per la processione di ieri.

A Colle Santa Lucia come a Selva, don Bernardi è stato davvero “coccolato”. Tutti, infatti, sapevano del suo cuore un po’ pazzo. Non passava giorno che qualcuno gli chiedesse. Come stai oggi? “Benone” tranquillizzava il don, nonostante sapesse che forse l’altitudine non gli confacesse.

Nato a Loria il 2 ottobre 1948, il don era stato ordinato sacerdote a Limana il 26 luglio 1975. Cappellano a Longarone (1975-1978) e a Limana (1978-1982), in seguito era stato parroco ad Arabba (1983-1993) e poi a Cencenighe e San Tomaso Agordino (1993-1998). Dal 1998 al 2010 aveva svolto servizio Gerusalemme per l’accoglienza dei pellegrini presso il Santo Sepolcro. Dopo la tragica scomparsa di don Francesco Cassol, nella notte tra il 21 e il 22 agosto 2010, era rientrato in diocesi, su invito di mons. Giuseppe Andrich, per divenire parroco di Longarone, Igne, e Fortogna e Ospitale di Cadore: era il dicembre 2010. Nell’autunno del 2018, d’intesa con il vescovo Marangoni, assumeva la guida delle tre parrocchie dell’Alto Agordino.

Tutto l’alto Agordino si è subito sentito in lutto. A scendere da Arabba. «In tanti qui ricordano ancora la sua passione umana, oltre al fervore pastorale«, testimonia Leandro Grones, il sindaco, «perché è stato don Gabriele ad adoperarsi, più di altri, per la cooperativa della casa, con l’intento di trattenere le famiglie che altrimenti se ne sarebbero andate».

«La sua ricca personalità, la sua fervida e focosa predicazione, la sua spiritualità e la sua passione pastorale lasciano un vuoto immenso non solo nelle comunità che attualmente serviva, ma in tutta la comunità diocesana», conferma don Davide Fiocco, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni della diocesi di Belluno-Feltre. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi