«Lo sbocco a Nord è l’unico futuro per la ferrovia»
Mainardi sull’elettrificazione: «Non serve a ridurre i tempi Collegare Calalzo all’Austria sarebbe l’investimento giusto»
Calalzo di Cadore, 13 agosto 2006. Treno regionale da Padova composto da carrozze UIC X e trainato dal locomotore diesel D445 1096 in arrivo sul binario 1.
BELLUNO. «Se l’obiettivo è ridurre i tempi di percorrenza, l’elettrificazione non serve». Bortolo Mainardi, architetto cadorino e componente della Commissione Via del ministero dell’Ambiente, interviene sul futuro della ferrovia bellunese stuzzicato dalla visita di Matteo Renzi a Belluno. Il segretario Pd, infatti, è arrivato in città in macchina, perché il treno su cui viaggia è a trazione elettrica.
«Il problema principale delle linee bellunesi sta nei tempi necessari per raggiungere Mestre o Padova e se vogliamo risolverlo l’elettrificazione non è la soluzione. I tempi di percorrenza, infatti», spiega Mainardi, «dipendono dal tracciato. Prendiamo ad esempio la linea Belluno Conegliano. Lungo il Fadalto in 20 chilometri ci sono 21 gallerie che sono troppo basse per essere attrezzate con l’elettrificazione e, anche se si procedesse a un loro ampliamento, i tempi non cambierebbero».
Il vero nodo, secondo Mainardi, sta nell’immaginare un futuro per il servizio ferroviario nel bellunese: «Qui manca una strategia ferroviaria, che appare quanto mai necessaria in prospettiva, perché tratte come la Ponte nelle Alpi - Calalzo stanno diventando rami secchi che con gli anni rischiano la chiusura, perché altamente anti economiche e pochissimo utilizzate. «Se vogliamo dare un respiro più ampio a questa linea dobbiamo puntare a trasformarla nello sbocco a Nord del Veneto. Collegare Calalzo all’Austria e dunque all’Europa, all’altezza di Sillian via Sega Digon è l’unico modo per dare un senso e un futuro alla ferrovia bellunese e cadorina». Eppure Mainardi è contrario al Trenino delle Dolomiti: «Quell’idea è poco seria e quasi per nulla utile e di sicuro non servirà a tenere in vita una linea in forte deficit. Attualmente la Regione Veneto spende 400 milioni di euro all’anno per il trasporto pubblico, di cui 150 per quello ferroviario. La sostenibilità economica non può non essere tenuta in considerazione. Bisogna pensare al futuro con progetti seri e agganciarci alla rete europea risponde a queste necessità, anche perché il Veneto ha bisogno di uno sbocco a Nord», rimarca Mainardi, che in passato aveva già lanciato questa proposta.
«In occasione delle celebrazioni in memoria della Grande Guerra», ricorda l’architetto, «avevo proposto il motto “meno monumenti più investimenti” perché penso che per celebrare la fine della guerra non ci sia modo migliore che collegare i paesi europei che in passato si sono combattuti».
Chiaramente l’investimento sarebbe importante, ma meno di altri e darebbe maggior respiro e quindi più speranze a qualsiasi altro intervento di aggiornamento tecnologico o di tracciato sulle linee ferroviarie bellunesi.
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