Lo stress del pizzaiolo si cura con il verde: «Faccio il giardiniere a Selle sono rinato»

Alessandro Čulev, 32 anni, è uno dei due abitanti della frazione. La nuova attività dopo un corso online. «Mi stanco, ma non mi stufo»

Gianni Santomaso

IL PERSONAGGIO. Avanti, indietro. Avanti, indietro. Da Selle a Sospirolo e ritorno. Dai Giardói di Selle al ristorante Rosolin di Sospirolo e ritorno. Sessantotto chilometri al giorno in auto danno l’occasione per pensare a tante cose. In una valle selvaggia come quella del Mis, che tende al sublime, ancora di più. Nel 2017, durante questi viaggi, inizia a prendere forma nella testa di Alessandro Čulev una domanda: «Cosa mi piacerebbe fare?». Oggi Alessandro, 32 anni, originario di Marghera, nonni materni esuli istriani dopo il ’43, nonni paterni croati, fa il giardiniere in proprio (oltre a coltivare la passione per le api). Ha iniziato a marzo.

«La sera – dice – arrivo a casa stanco, ma non stufo». Quando nel 2017 fa il pendolare tra Selle e Sospirolo ha una vita alle spalle e una da progettare, seminare e colorare, proprio come un giardino. Mica facile, però, quando le strade sono già in parte tracciate o, come dice lui, «quando il flusso degli eventi ti sta trascinando in una certa direzione». «Io – aggiunge – quella domanda non me l’ero mai posta».

Nel 2006 la mamma aveva acquistato una casa a Selle, una delle tante frazioni periferiche del comune di Gosaldo che oggi, durante l’anno, è abitata da sole due persone: Alessandro e Tonin che si incontrano due-tre volte a settimana. «Dopo che mia mamma ha comprato questa seconda casa – ricorda Alessandro – credo di essere salito da Marghera solo una volta per aiutare a spostare un armadio. Tempo zero ero già in auto pronto a tornare in giù». Non sapeva che il 5 agosto 2013 (data che per lui è come la nascita di Cristo o l’ègira maomettana) quella casa, dove non si arriva nemmeno in auto, ma solo attraverso un sentiero scosceso, avrebbe scardinato il flusso degli eventi.

In città da estranei

«A sedici anni – racconta – mentre frequentavo a Mestre l’Iti indirizzo grafico-pubblicitario ho iniziato a lavorare in pizzeria: per quattro giorni a settimana portavo pizze a domicilio. Nel frattempo avevo anche imparato a farle e così, dopo il diploma, a 20 anni, ho aperto con dei soci una pizzeria da asporto in centro a Mestre. Si lavorava sette giorni su sette, festa solo a Natale e Pasqua. La mia testa ha iniziato a scricchiolare e così, prima che le cose peggiorassero, ho deciso di vendere la pizzeria e poi di trasferirmi a Selle». A pesare nel quotidiano di Alessandro non c’erano solo gli orari di lavoro, ma un contesto sociale e urbano che evidentemente non faceva più per lui. «Io credo – dice – che una delle problematiche più grosse che abbiamo di fronte sia il sovrappopolamento delle città che porta con sé lo stress, la concorrenza lavorativa e altri mali. Penso che per il proprio benessere le persone debbano avere una disposizione rurale. Mi spiego: abbiamo bisogno di più spazio e il verde è capace di risolvere anche qualche problema di carattere psichico. Abbiamo anche bisogno di mettere il nostro ego super elevato, che ci porta a considerarci i padroni del mondo, davanti alla realtà che è fatta di molti più esseri viventi. Dobbiamo costruire relazioni interpersonali vere e genuine in un numero equilibrato. Il secondo giorno che ero qua e nessuno mi conosceva sono passato tre volte davanti al Bepi Bosol di Rivamonte ed Enzo mi ha salutato tutte e tre le volte. A Mestre quando, vestito di bianco-piazzaiolo, percorrevo i 300 metri tra il parcheggio e la pizzeria, non ci salutavamo con nessuno. Qui fra le montagne agordine trovo che ci sia più libertà di espressione, che si accettino di più le singolarità di ciascuno».

PrimI passi agordini

l 7 agosto 2013 Alessandro inizia a lavorare alla pizzeria da Silvio ad Agordo, quindi nel maggio 2015 va al Rosolin di Sospirolo e quell’interrogativo, «Cosa mi piacerebbe fare? », si palesa. «Io sono stato fortunato a farmi quella domanda che mi ha fatto venire giù dal pero – ammette – ma non so quanti riescano a fare altrettanto». Pensa ad alcuni suoi amici che di fronte all’ipotesi di cambiare le cose si trincerano dietro a un “ma come faccio col lavoro che ho?”. «Il pericolo che vedo – dice Alessandro – è che più il tempo passa, più è poi difficile modificare la propria situazione, ma nel frattempo il grado di insoddisfazione che si accumula cresce: si perde sprint, abilità e aumenta la paura del cambiamento». Un circolo vizioso che lui ha spezzato non solo e non tanto il 5 agosto 2013, ma sforzandosi poi di rispondere a quella domanda. «Ci ho riflettuto in questi ultimi mesi – dice – e ho abbozzato che la risposta può essere arrivata dalle esperienze che ho fatto da piccolo. Fortunatamente a Marghera la nostra casa era circondata da un ampio giardino con orto annesso e mio nonno, in pensione da quando sono nato, se ne prendeva cura e io lo seguivo».

Giardinaggio in dad

Approdato fra le Dolomiti, tali momenti sono inconsciamente riaffiorati ed è arrivata l’iscrizione al corso di giardinaggio e botanica della scuola agraria del Parco Reale di Monza. «Mentre lavoravo al bar-paninoteca Daisy di Rivamonte – racconta – frequentavo le lezioni online. All’inizio di ogni trimestre andavo a Monza dove ci veniva spiegato il modulo che avremmo affrontato. È una scuola improntata sul buon modo di avere cura delle piante che è essenziale per chi si approccia al giardinaggio ed è essenziale anche per l’intero genere umano che deve la sua esistenza ai vegetali anche se troppo spesso li considera un semplice sfondo del proprio mondo». In quello che abbraccia i paesi del Poi (Gosaldo, Rivamonte, Voltago) e Agordo ha messo in pratica le conoscenze e le abilità imparate a Monza e da marzo (a ottobre aveva lasciato il lavoro in paninoteca) si è cimentato con potature post-invernali, creazione e riordino di giardini privati e aiuole, sfalci in particolare per le seconde case.

«Quando si è trattato di decidere cosa fare – dice Alessandro – ho realizzato che tra Sedico e Cencenighe mancava una ditta di giardinaggio e allora ho pensato di tentare di inserirmi in questo vuoto. Fin qua le cose sono andate bene e ho lavorato tanto grazie soprattutto al passaparola perché di biglietti promozionali ne avevo distribuiti appena una ventina in due negozi di Gosaldo e Rivamonte». Va sul posto, fotografa, torna a casa e fa il disegno del giardino con le matite colorate recuperando il grafico che è rimasto in lui, poi torna e propone ai proprietari. «Mi piace confrontarmi con loro esponendo le mie idee e ascoltando le loro richieste – dice – a volte non è facile perché comunque io ho un’etica del lavoro. Quando un giorno uno mi ha chiesto di tagliare un melo perché era stufo di vederlo, ho detto di no: se c’è un motivo valido lo taglio altrimenti lascio perdere. Anche nei confronti delle piante serve rispetto. Mi chiedono di fare un po’di tutto e qualcuno ha già anche sondato la mia disponibilità a spalare la neve nelle pertinenze delle case per quest’inverno, ma io vorrei fare semplicemente il giardiniere e dedicarmi a nuovi corsi e a letture per specializzarmi sempre di più. Se dopo che ho fatto il giardino mi dicono di cambiare anche due assi della cassapanca, preferisco dare il numero del falegname».

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