L’ospedale San Martino ora è Covid free ma ci sono due tamponi positivi in più

L’ultima paziente in Terapia intensiva è stata dimessa ieri e non ci sono più ricoverati nemmeno in area non critica

BELLUNO

Il San Martino è Covid free. All’ospedale di Belluno, non ci sono più pazienti ricoverati in area non critica e in Terapia intensiva. Il dato è stato ufficializzato dal bollettino di Azienda Zero. L’ultima ricoverata, la signora Elvira di 97 anni, è uscita ieri dalla sua stanza: il tampone era negativo e così ha potuto cambiare reparto. Ce l’ha fatta contro il Coronavirus. Peraltro in tutta la regione non ci sono degenti nelle Terapie intensive, mentre restano 66 i ricoverati con sintomi, secondo i dati del ministero.

Il dato in controtendenza è quello dei nuovi positivi, che a Belluno sono due in più, rispetto alle 8 di ieri mattina. I casi sono diminuiti di altrettante unità, tra Padova e un domiciliato fuori dal Veneto e il saldo è zero. I positivi a Belluno sono 74, mentre i negativizzati 994. Infine i soggetti in isolamento domiciliare ammontano a 75.

L’uscita dall’area Covid-19 di Elvira è documentata da un post su Facebook del dottor Giangiacomo Nicolini, che ha avuto modo di salutare la paziente, mentre si stava allontanando su una carrozzella: «E così oggi si chiude, è ora di fare le valigie. Nonostante quando sono partito per questo viaggio ci avessi messo dentro ben poche cose per vari motivi (la fretta di correre dove serviva, la paura di prendere qualcosa senza la certezza di riportarla a casa, il non sapere cosa sarebbe davvero potuto servire per l’occasione, la scaramanzia che il viaggio fosse breve), questa valigia adesso non si chiude del tutto, come se fosse improvvisamente piena di cose nuove, ma ancora buttate alla rinfusa che per forzare la serratura ci si deve sedere sopra».

L’esperienza è stata lunga, pesante, ma l’ha arricchito dal punto di vista sia umano che lavorativo: «Ne sono certo, perché tanto mi è stato dato in questi tre mesi e dunque il mio bagaglio di esperienza umana e professionale è aumentato moltissimo, grazie a tutte le persone con cui ho camminato in questo viaggio, i colleghi, gli infermieri, gli operatori tutti inizialmente in Malattie Infettive e in Pneumologia e poi in Geriatria Covid, con cui abbiamo condiviso, come in una famiglia, ogni istante e ogni sentimento: inadeguatezza, paura, vittoria, pianto, sconforto, vita e morte, uniti dall’unica spinta di non fermarsi mai, di dare tutti noi stessi in situazioni estreme che avrebbero messo alla prova il più duro degli Avengers. Persone fantastiche, che ringrazio e ricordo ad una ad una, ripercorrendo di frequente nella mia mente il cortometraggio (nemmeno poi tanto corto) in un time lapse al rallentatore ove ogni immagine mi fa commuovere».

I rischi non sono mancati e c’è voluto coraggio: «Abbiamo rischiato di perdere le nostre vite per risvegliarci e trovarci in un mondo peggiore di quello che avevamo lasciato a marzo? A cosa è servito Sandro che ha finito il dentifricio o Maurizio che ha impiegato più di 100 giorni per riabbracciare la famiglia? Ma soprattutto a cosa è servito Danilo che mi chiedeva di mandarlo a casa perché Maria da sola non poteva farcela e a casa non c’è mai tornato? Piano piano tutti hanno chiuso le loro valigie. Oggi chiudo la mia, ma non si chiude, non si chiude del tutto». —


 

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