L’ultimo viaggio insieme «Tornerò con Valeria»

A Parigi il fidanzato Andrea, distrutto dal dolore, ha poca voglia di parlare L’autopsia sulla ragazza uccisa al Bataclan non è ancora stata eseguita
Alberto e Luciana Solesin alla partenza da Venezia
Alberto e Luciana Solesin alla partenza da Venezia

PARIGI. Partiti in tarda mattinata da Venezia, Alberto e Luciana Solesin sono arrivati poco prima delle 17 all'istituto di Medicina legale di Parigi, per il momento più devastante nella vita di un genitore: il riconoscimento della salma della propria figlia, Valeria, trucidata negli attentati di venerdì sera insieme ad altre 128 persone, soprattutto giovani, come lo era la  veneziana ricercatrice alla Sorbonne, che aveva 28 anni e da sei abitava nella capitale francese. Alberto e Luciana Solesin si sono trattenuti nell'istituto per un'ora e mezza.

A Parigi, i genitori di Valeria hanno trovato ad attenderli il fidanzato di Valeria, Andrea Ravagnani con la sorella Chiara,  il console Andrea Cavallari e l'ambasciatore Giandomenico Magliano. E' rimasto a Venezia il fratello di Valeria, Dario.

Il racconto della giornata da parte del nostro inviato Francesco Furlan.

"La famiglia di Valeria è arrivata a Parigi"

 

INVIATO A PARIGI. «Tornerò assieme a Valeria, la porterò a casa». Andrea Ravagnani lo dice al telefono alla mamma, Marina Angeli, lo ripete agli amici che dopo l'attentato di venerdì notte al teatro Bataclan gli si sono stretti intorno, per aiutarlo, sostenerlo, proteggerlo. Fargli sapere che può contare su di loro. Ieri hanno trascorso la giornata tutti insieme, Andrea e la sorella Chiara, il fidanzato di lei, Stefano Peretti, e una dozzina di amici, a Place de la Contrescarpe, a condividere il dolore, farsi forza. Negli occhi le immagini, che non se ne vogliono andare, di quella notte di terrore.

Andrea ha un piccolo cerotto all'orecchio sinistro, una lieve ferita, sfiorato dai colpi sparati dai quattro terroristi nella sala del Bataclan, e un ferita ben più grave che si porta dentro come un macigno che vorrebbe vomitare e che invece è lì, a ogni passo, e che gli toglie l'aria. «Datemi un po' di giorni, datemi un po' di tempo», dice con garbo ai giornalisti questo ragazzo di 30 anni, che 2 anni fa ha raggiunto a Parigi la fidanzata veneziana Valeria Solesin, 28, borsista alla Sorbona, per condividere un progetto. Lei all'università, lui nel negozio di prodotti bio, e poi le serate nei locali, qualche volta a giocare a calcetto con la squadretta che aveva messo in piedi tra gli amici. Questo ragazzo smilzo e con la barba lunga e ben tenuta che ora deve occuparsi del rientro della salma di Valeria in Italia, unica vittima italiana della serie di attentati terroristici di un venerdì che ha cambiato la storia della Francia e stravolto la vita di decine di famiglie rimaste mutilate negli affetti.

I familiari di Valeria, i genitori Alberto Solesin e Luciana Milani con il fratello Dario, hanno annunciato che oggi arriveranno a Parigi, e anche la Farnesina nel pomeriggio ha informato il console Andrea Cavallari del loro arrivo. Non è ancora chiaro però quando la salma di Valeria potrà rientrare in Italia, a Venezia, per il funerale. Ieri sera il consolato non aveva ancora ricevuto informazioni in merito all'autopsia, dopo la quale la magistratura francese potrà rilasciare il via libera per il rientro in Italia. «È la procedura di prassi», spiega Cavallari, che domenica pomeriggio, uscendo dall'Istituto di medicina legale a la Morgue, il posto dove i corpi delle vittime sono in cerca di un nome, aveva confermato la morte di Valeria, caduta sotto le raffiche dei mitra Ak 47 degli jiadisti. Tra le prime file del teatro di Boulevard Voltaire si preparava ad ascoltare la musica degli Eagle of Death Metal assieme ad Andrea, la sorella di lui, Chiara, e il fidanzato.

Solo l'autopsia potrà dire quanti colpi delle raffiche sparate senza tregua abbiano raggiunto Valeria, ma è un dettaglio che non conta niente agli occhi di chi le voleva bene. Valeria non c'è più, fosse anche un solo colpo.

Ieri a piangerla sono stati i colleghi dell'istituto di Demografia, al civico 90 di Ru de Tolbiac, un edificio blindato come mai si era visto prima. Gli studenti devono aprire gli zaini e spalancare i giubbotti, mostrare i tesserini dell'Università, e chi non ce l'ha se ne sta fuori. «Di solito è aperto a tutti, può entrare chi vuole», quasi si scusa il direttore della struttura, Pascal Gourdel spiegando il caos ai cancelli d'ingresso, «ma dopo quello che è accaduto è necessario prendere queste misure di sicurezza».

Dentro il Dipartimento ci sono le amiche di Valeria, le colleghe che con lei hanno condiviso questi ultimi quattro anni di Università, amiche e vicine di scrivania. Ingrid Le Goslès non trova le parole. «Il dipartimento di demografia è molto piccolo, ci conosciamo tutti e siamo straziate dalla morte di Valeria». Dice ancora la ragazza che «Valeria era una che sapeva farci con le persone, sapeva conquistarle, e per il suo lavoro era importante. Credeva molto nelle donne e nel lavoro delle donne. Ne sto parlando al passato, e non mi sembra ancora vero. Una ragazza meravigliosa, ci sembra impossibile che non ci sia più». Valeria, con la supervisione del professor Alexandre Avdeev, si occupava del rapporto tra famiglia e lavoro e di lavoro femminile, ambiti nei quali si era specializzata dopo la laurea in sociologia a Trento, dove era andata a studiare dopo il liceo Benedetti. Anche l'istituto di Demografia, come il governo e le istituzioni locali in Italia, sta pensando a qualcosa per ricordare Valeria.

Intanto ieri, a mezzogiorno, in quel minuto di silenzio in cui si è fermata tutta la Francia, gli studenti del dipartimento si sono raccolti in preghiera con un pensiero speciale per Valeria. Per ricordarla amante del lavoro e della vita, così come ha fatto la mamma, con una dignità da prendere ad esempio.

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