L’Unione montana “congela” la centrale termica a biomasse
FELTRE. La centrale a biomasse dell’Unione montana feltrina è stata messa in stand by. Non perché non ci fosse bisogno di riscaldare gli ambienti, anzi tutt’altro. Ma perché i costi di una struttura sovradimensionata rispetto al fabbisogno, trecento kilowatt quando ne basterebbe un centinaio, sforano il budget. E per l’ente comunitario, attento a come spende anche un solo euro, un disavanzo stimato fra i diecimila e i quindicimila euro fra gestione, considerato che si è posto il problema della revisione periodica, e consumi, sarebbe stato insostenibile.
Peccato siano andati a vuoto sia l’ultimo contatto con l’impresa Ferro che ha realizzato il complesso residenziale lì vicino, per l’affidamento della gestione della centrale, che quello prima con le scuole, l’ex Luzzo e il ginnasio di via Tofana.
«Quest’ultimo progetto non è mai decollato», spiega l’assessore Ivan Dalla Marta. «Le scuole hanno deciso per altri sistemi di riscaldamento. E noi ci siamo ritrovati con una gestione onerosa, non giustificata dai consumi effettivi».
L’opera è stata realizzata nel 2008 per un impegno finanziario di 173 mila euro. Già allora, dai banchi della minoranza del consiglio comunitario, si erano levati interrogativi critici sui costi. Un dato esemplificativo è quello dell’annata 2014: fra approvvigionamento di combustibile e manutenzione si erano stanziati 8700 euro. Nel 2016, poi, si è posto il problema della revisione che avrebbe fatto lievitare i costi oltre ogni limite.
Così la scelta dell’esecutivo Dalla Torre è stata di “congelare” l’impianto, mentre invece si è potenziata a pieno regime la caldaia a gas. Quest’ultima ha sempre funzionato, in alternanza e complementarietà alle biomasse.
Nei giorni scorsi è stata sostituita, perché ormai era “finita”, a livello di funzionalità. Ma sempre una caldaia è, sottolinea il presidente Federico Dalla Torre. «Per un anno abbiamo deciso di mettere in stand by la centrale a biomasse e di optare solo per il gas. Questo per un problema di costi in una congiuntura che richiede solo ristrettezze. Intanto, avremo dovuto fare la revisione della struttura perché è quello che ci impone la normativa dopo un certo periodo di utilizzo. E l’ente, al momento, non dispone di soldi per le spese correnti e per interventi di manutenzione come questo. È vero, la centrale è sovradimensionata rispetto al fabbisogno. Tant’è che qualche mese fa abbiamo chiesto agli immobiliaristi che stanno realizzando residenze vicino alla nostra sede se vi fosse qualche interesse da parte loro a gestire l’impianto, per sfruttare la fonte di calore a parziale vantaggio di chi vi risiederà. Le ditte interessate alla nostra proposta si sono riservate qualche tempo per fare analisi su costi e benefici e sono giunti alla conclusione che non gli sarebbe convenuto».
Laura Milano
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