Madre e vedova Joy cerca un futuro per sè e i suoi figli

Nata in Nigeria, è fuggita perché abbandonata dalla famiglia «Per sopravvivere devi fare cose orribili, lì è uno schifo»

FELTRE. La questione su cui tutti si fermano a riflettere, l’8 marzo, è il ruolo delle donne nel mondo di oggi, del lungo e travagliato percorso che hanno dovuto attraversare nella storia per conquistare i propri diritti e le proprie libertà e su come si possa fare ancora meglio per impedire disuguaglianze di genere e disparità nella società. C’è anche chi, però, nel 2018 scopre per la prima volta l’esistenza di una giornata di festa mondiale dedicata alle donne, celebrazione inconcepibile nel paese da cui proviene, in cui le donne occupano ancora l’ultimo gradino della società e dove far nascere una bambina equivale in molti casi a condannarla a una vita di violenze e soprusi da parte degli uomini.

È la storia di Joy Okunzuwa, giovane nigeriana ospite in un appartamento feltrino gestito dal Consorzio Sviluppo e Innovazione di Belluno. La vicenda di Joy, che quasi non fa caso alla gravità delle cose che racconta dato che parla del mondo nel quale è nata e cresciuta, è la stessa di tante altre donne che nel mondo sono ancora ben lontane dal veder riconosciuti i propri diritti.

Quando sei arrivata? «Sono arrivata in Italia poco più di un anno fa», spiega Joy che già parla italiano. «In Nigeria facevo la casalinga, poi sono rimasta vedova e questo mi ha condannata. Le donne abbandonate o vedove non hanno nessun diritto, inoltre se la moglie non piace alla famiglia dell’ex marito o non ha un buon rapporto con i maschi della famiglia viene abbandonata da tutti assieme ai suoi bambini, non c’è uno Stato che ti aiuta e ti protegge».

Qual era la situazione in Nigeria? «C’è un conflitto sociale e religioso per via di Boko Haram, le donne vengono rapite e violentate e per me che sono cristiana la vita era molto difficile. Inoltre una donna non può ereditare niente dalla famiglia, tutto quello che c’è passa sempre al figlio maschio. Per questo una donna sola è costretta ad affidarsi a sconosciuti per scappare e tante volte viene costretta a prostituirsi e a fare cose orribili per poter sopravvivere».

Conosci la festa dell’8 marzo? «No, la scopro con questa intervista. Penso che sia una bella cosa, perché uomini e donne sono uguali. Anche durante il mio viaggio per venire in Italia pensavo a questo perché se veniva arrestato un uomo finiva in prigione, mentre una donna veniva stuprata. È lo stesso schifo per tutti».

Cosa speri per il futuro? «Non posso parlare per tutti quelli che sono venuti in Europa, ma io chiedo solo una chance per dare una vita migliore ai miei bambini, due maschi e una femminuccia, che sono rimasti in Nigeria a casa di una vecchia signora. La vita della madre a distanza è una delle cose più brutte che possono capitare, per questo spero di poter avere un’opportunità per regalare a me e a loro un futuro migliore».

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