«Mai capito perché sia stato fatto il mio nome»
Dopo aver vinto la causa per diffamazione, Stragà racconta il «suo» Sanremo
Federico Stragà con Anna Tatangelo a Sanremo
BELLUNO. «Non sono mai riuscito a spiegarmi perché ha fatto il mio nome». Federico Stragà sorride e non riesce a contenere il proprio sollievo. Martedì un giudice di Milano gli ha dato ragione e ha condannato Salvatore Varvara per diffamazione. Il pugliese aveva citato Stragà a proposito delle presunte mazzette all'Accademia di Sanremo.
Mentre prepara il caffè, Federico vuole sfogarsi, dopo cinque anni di domande senza risposte. «Oggi mi sento difeso», dice pensando alla sentenza. Poi il pensiero torna indietro di 11 anni a quando, venticinquenne, Federico decise di buttarsi. Senza un produttore alle spalle, l'Accademia poteva essere l'occasione giusta: «Presentai l'iscrizione al limite della scadenza e, dopo le selezioni a Castel Tesino, arrivai a Sanremo spaesato, senza immaginare di potermi piazzare tra i primi. Non fu facile affrontare quel concorso. Per questo, le accuse di Varvara mi hanno ferito particolarmente. Ero solo un ragazzino bellunese», dice Federico senza nascondere la sua ingenuità, «non avevo nessuna conoscenza, non sapevo nulla di quel mondo. E ero anche impaurito, perché quello era il mio primo concorso. Sentirmi tirato in ballo in quel modo mi è sembrato profondamente ingiusto nei confronti di un ragazzino qualsiasi».
La sentenza non può chiarire tutto: «Non mi sono mai spiegato perché Varvara abbia fatto il mio nome durante l'intervista sul Corriere della Sera. Ci ho pensato e, forse, l'unica possibilità sta nel fatto che il mio nome è l'unico che si è sentito ancora, tra tutti quelli che parteciparono all'Accademia». Federico dice di ricordare quel tale, il suo accusatore, visto tra i mille presenti a Sanremo: «Ma non credo di averci nemmeno parlato».
Nel 2003 esplose il caso e Varvara ammise di aver pagato i responsabili dell'Accademia, ma inutilmente, visto che non ebbe successo. Secondo lui, chi vinceva sborsava anche 200 milioni di lire. Stragà vinse nel 1997 e Varvara fece proprio il nome del cantante bellunese.
«Mi sono consolato subito, pochi giorni dopo quell'intervista, leggendo le dichiarazioni del patron dell'Accademia, arrestato in quel periodo. Disse di aver ricevuto promesse di pagamento, ma mai concretizzate e mai da chi aveva vinto il concorso. Com'era successo a Varvara, che pagò senza nemmeno andare in finale». Quella consolazione però ha dovuto attendere cinque anni di processo per diventare verità accertata: «Quando sono andato a testimoniare a Milano», dice Federico, «il giudice ha detto che la difesa stava attuando un chiaro tentativo di prolungare le cose, nella speranza di far cadere il reato in prescrizione. I rinvii vari, ottenuti con ogni scusa assurda, non sono bastati ad arrivare a sette anni». Anche il ricordo della deposizione non è tra i migliori: «Entrare nel tribunale di Milano, anche da accusatori, dà una brutta sensazione, si respira un'aria pesante».
Federico brinderà alla faccia di Varvara, già condannato a 10 mila euro di provvisionale, in attesa della causa civile che stabilirà la cifra definitiva. «Non so quantificare il danno che mi è stato fatto e non so dire come andrà in sede civile. Non posso sapere chi abbia letto quell'articolo e se, a causa delle parole di Varvara, mi sia stato precluso qualche lavoro». A pensare alle prossime mosse, del resto, sarà il suo avvocato, Antonio Prade, che Federico ringrazia. «Non ho mai visto niente a conferma dei luoghi comuni sul mondo della musica», conclude Federico, «ma gli addetti ai lavori raccontano storie allucinanti».
Mentre raccoglie le tazzine, Stragà però confessa: «E dire che a Gravina di Puglia ho conosciuto ragazze bellissime». Stai a vedere che aveva messo gli occhi addosso proprio a quella di Varvara?
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