Malato di tifo, giovane migrante in rianimazione
FELTRE. Un caso di tifo ha quasi provocato la morte per cause cardiorespiratorie in un migrante di nemmeno vent’anni, tuttora monitorato in rianimazione al Santa Maria del Prato.
Il giovane era giunto dalla Guinea a Lampedusa, attraverso la Libia sul barcone dei disperati, una quindicina di giorni fa. E da lì dirottato a Sedico. Si è presentato in ospedale a Feltre venerdì della scorsa settimana.
I sintomi inizialmente erano sovrapponibili a quelli della tossinfezione alimentare. Ma poi le condizioni sono velocemente peggiorate al punto che dal reparto internistico, dove si sono fatti i primi accertamenti con la conferma laboratoristica che si tratta di salmonella tiphii, si è disposto il ricovero in emergenza, prima in unità coronarica e poi in rianimazione da lunedì scorso.
Il paziente, gravissimo, è stato intubato. Ma ha risposto bene alla terapia. Il decorso sembra essere favorevole. Il giovane ha ripreso a respirare autonomamente da venerdì. La prossima settimana potrebbe essere trasferito in reparto.
Al suo risveglio e alla piena ripresa dello stato di coscienza, il giovane ha trovato accanto un compagno che parla la sua stessa lingua, il francese, e che ha vissuto momenti di grande apprensione quando ha saputo che l’amico era in gravissime condizioni.
Il giovane, assieme ad alcuni compagni di sventura, da Lampedusa dove è sbarcato uno quindicina di giorni fa, è stato inserito in provincia di Belluno e accolto dalla cooperativa Sviluppo e lavoro che ha in gestione una ventina di profughi da metà giugno. Altri due migranti, forse suggestionati dalle cattive notizie sul compagno, hanno accusato malessere e sintomi assimilabili a quelli dell’infezione alimentare e qualche giorno fa si sono presentati al pronto soccorso di Feltre. Per loro sembrerebbe esclusa la forma che ha colpito il giovane in rianimazione.
In quel caso l’infezione da salmonella del tifo ha colpito i tessuti, nella forma più grave di sezione d’organo, provocando un impegno a livello cardio-respiratorio che gli è stato quasi fatale.
«Nei casi come questi non c’è bisogno di profilassi», spiega il direttore sanitario dell’Usl di Feltre, Lorenzo Tognon. Non ci sono pertanto disinfezioni da fare negli ambienti frequentati dal ragazzo. Ma spetta all’ufficio igiene, coordinato da Mauro Soppelsa, adottare le procedure del caso.
Intanto a livello ospedaliero, nella prospettiva della dimissione a breve dall’unità intensiva, dovrà essere allestito uno spazio per proteggere il paziente fragile da sovrainfezioni, e non certo perché possa trasmetterle lui. È convinzione comune di chi ha avuto in cura il paziente, visti anche i tempi tecnici intercorsi fra periodo di incubazione e malattia conclamata, che il giovane abbia contratto la salmonella nei primi centri di accoglienza, dove le persone stremate da giorni di viaggio infernale arrivano in condizioni di grave deficit immunitario.
La prefettura è stata subito informata del ricovero. Vige un protocollo rigido con le Usl provinciali che prevede lo screening, il programma vaccinale e il monitoraggio sanitario delle persone accolte.
Di recente si è verificato un caso di competenza dell’Usl di Belluno. Un migrante ha contratto il micobatterio della Tbc ed è stato inviato in un reparto malattie infettive fuori provincia. Non si trattava di forma diffusiva, cioè contagiosa, e quindi il giovane, dopo un paio di mesi di terapia e osservazione, ha potuto fare ritorno nella comunità bellunese che lo ospitava.
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