Malattie intestinali, Belluno all’avanguardia nella cura

BELLUNO. L’ospedale di Belluno è tra le poche strutture in Veneto all’avanguardia per la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. E tra...

BELLUNO. L’ospedale di Belluno è tra le poche strutture in Veneto all’avanguardia per la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. E tra queste terapie vi è la granulocitoaferesi.

Da 10 anni, all’unità operativa di Gastroenterologia, guidata dal primario Bastianello Germanà, esiste un ambulatorio dedicato a queste malattie (e anche un numero di telefono per i consigli) che interessano l’apparato digerente, prevalentemente il colon e l’intestino tenue, causando sintomi e problemi che talora incidono pesantemente sulla vita di chi ne è affetto. Ogni anno, nell’Usl 1, si registrano 12 nuovi malati di colite ulcerosa e 10 di morbo di Crohn. Si tratta per lo più di soggetti di giovane età. In 10 anni, sono stati 370 i pazienti, provenienti dal territorio bellunese ma anche da fuori, seguiti dai medici Pierenrico Lecis ed Elisabetta Dal Pont. I pazienti vengono sottoposti a varie cure tra cui anche quelle biologiche (molto costose) e appunto la granulocitoaferesi. «Si tratta di una metodica di filtrazione del sangue», spiega Dal Pont, «che è simile alla dialisi, con la quale una parte del sangue del paziente viene prelevata da una vena del braccio e filtrata attraverso un'apposita strumentazione atta a "depurarla" dalle cellule del sangue che mantengono ed alimentano l'infiammazione. Quindi, il sangue privato di queste cellule infiammate, viene ri-immesso nel sistema circolatorio del paziente attraverso una vena del braccio opposto».

Tale metodica è efficace sui pazienti, che vengono preliminarmente selezionati, ed è povera di rischi. «Ma non è appannaggio di tutti gli ospedali e le gastroenterologie. Le sedi più vicine dove praticano questa terapia sono Padova e Mestre. Tale sistema viene praticamente effettuata presso il Centro Trasfusionale, con la stretta collaborazione del dottor Capelli e della dottoressa Barbone», sottolinea il primario Germanà.

In questi anni, si sono sottoposti a questo trattamento 23 malati che hanno ottenuto «buoni risultati per la riduzione e remissione dei sintomi: circa il 70% di questi era in remissione al termine della terapia e il 40% l’ha mantenuta dopo 12 mesi», spiega anche Lecis. Alcuni di questi pazienti sono stati sottoposti a più cicli di trattamento negli anni, «proprio perchè questa è una terapia che ha bassi rischi e, quando efficace, permette di non iniziare farmaci più "impegativi" dal punto di vista dei rischi». 

«Queste percentuali di successo potrebbero non sembrare elevati, tuttavia dobbiamo considerare che nessuna delle terapie attualmente disponibile è efficace nella totalità dei casi. Inoltre, la terapia in questo genere di patologie è un vestito tagliato e cucito sulla persona e il medico è il sarto. E la nostra esperienza con questa terapia è stata presentata di recente al Congresso nazionale della malattie dell’apparato digerente di Bologna ed è stata accettata come lavoro scientifico», dicono i medici che annunciano di essere sul punto di ricevere l’accreditamento da un’associazione specifica che si occupa di queste malattie. (p.d.a.)

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