Manovra, appello del Veneto"Il governo riveda i conti"
La richiesta è stata avanzata ufficialmente a palazzo Madama dall’assessore al Bilancio del Veneto Roberto Ciambetti in rappresentanza della Conferenza delle Regioni, nell’incontro con i capigruppo di maggioranza ed opposizione: "Non sono d’accordo sul fatto che, sulla scorta di analisi non condivisibili, a pagare siano le Regioni più virtuose"
VENEZIA.
Il Parlamento riveda i conti della manovra. Dopo i primi mal di pancia, espressi più o meno formalmente, la richiesta è stata avanzata ufficialmente ieri a palazzo Madama dall’assessore al Bilancio del Veneto in rappresentanza della Conferenza delle Regioni, nell’incontro con i capigruppo di maggioranza ed opposizione. Sul tavolo dubbi, critiche e proposte per «governare» i tagli imposti da Tremonti: «Credo fermamente che i saldi non debbano essere toccati - sostiene Roberto Ciambetti - ma non sono d’accordo sul fatto che, sulla scorta di analisi non condivisibili, a pagare siano le Regioni più virtuose». Per il Veneto, secondo un dato ufficializzato direttamente dal governatore Luca Zaia, si parla di mancate entrate per 372 milioni per il solo 2011 - ma la stima della Cgia è ancora più pesante - con tagli che colpiranno innanzitutto spesa sociale, territorio, trasporti, formazione professionale e amministrazione generale. «Sembra che i numeri esibiti dalle Regioni, spesso in disaccordo con quelli prodotti dal Governo, comincino a fare breccia» conferma Ciambetti rinfrancato dalla decisione di Gasparri di condividere la questione con Berlusconi. «Sia nelle fila della maggioranza che dello stesso Pd ho trovato la volontà di collaborare attivamente a trovare delle soluzioni, anche attraverso una manovra emendativa» prosegue l’assessore. Se Tremonti limita l’impatto alle Regioni - è la sostanza - bisognerà pensare di spostare qualcosa sullo Stato. Intanto oggi, i tecnici del Governo e quelli delle Regioni, cominceranno a misurarsi sui conti. «Nel Veneto - prosegue l’assessore leghista - a pagare la manovra saranno gli enti più virtuosi, tra questi la stessa Regione. Esiste una differenza tra abbattere gli sprechi e tagliare fondi per i servizi, gli investimenti e per il sostegno alla società e all’economia locale: nel primo caso, ovvero l’eliminazione degli sperperi, l’azione è sacrosanta; nel secondo, si minano le istituzioni, che non possono più assolvere al loro ruolo. Di questo abbiamo parlato con i gruppi parlamentari e mi auguro che il dibattito in aula possa portare a modifiche sostanziali, anche perché non penso che i veneti siano disposti ad accettare tagli indiscriminati, quando altrove la spesa pubblica continua ad alimentare clientele e inefficienze».
I numeri - secondo Ciambetti - non lascerebbero quindi spazio all’interpretazione: «Complessivamente, le entrate pubbliche prelevate in Veneto superano le spese effettuate dallo Stato e dall’insieme degli enti pubblici della regione» puntualizza. «Abbiamo un residuo fiscale di 4.315 euro procapite, circa 10,3 miliardi annui. Quello della Baviera è di soli 3,5 miliardi, quelli dell’Ille de France e del Baden Wuttemberg 4,4. Togliere risorse al Veneto significa aumentare il residuo fiscale, incrementando così il gap con altre regioni europee nostre dirette concorrenti sul piano economico». Non solo: in Veneto - spiega - il pubblico impiego incide ben al di sotto del peso mediamente sostenuto in Italia. La messa a regime entro breve dei costi standard dovrebbe mettere in luce le sacche di inefficienza e spreco che esistono, ma che non vanno di certo cercate qui». E dalla capitale, dove si è recato di nuovo ieri, è tornato a chiedere «un confronto serio, profondo e sereno con il Governo» anche Luca Zaia. «Stiamo registrando timidi segnali di avvicinamento alle rivendicazioni delle Regioni: la volontà è di essere noi a decidere dove tagliare, una soluzione diversa ci metterebbe in crisi - assicura insistendo sull’introduzione tempestiva dei costi standard «che significa che se si deve tagliare si cominci da chi spreca» precisa ribadendo che la manovra non solo non affonda il federalismo, ma lo accelera «Insomma - conclude - dobbiamo farci bastare la paghetta settimanale: se qualcuno ha bisogno di 3 paghette vuol dire che il sistema non funziona e finita quella si deve arrangiare»
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