Manzotti: «Incentivi e riduzione dell’Iva per far ripartire il mercato delle auto»

Stefano Vietina / belluno
«Serve maggiore chiarezza. Dopo due mesi di chiusura totale e un Decreto Rilancio che prevedeva incentivi al mondo dell’automotive inferiori rispetto a quelli previsti per biciclette e monopattini elettrici, è chiaro che parlare di rottamazione e non fare nulla di concreto contribuisce soltanto a bloccare ulteriormente il mercato».
Antonio Manzotti, presidente dell’azienda Manzotti Automobili, analizza con preoccupazione l’andamento dell’automobile in Italia. «Noi siamo stati chiusi da metà marzo fino al 18 maggio – ricorda Manzotti – con un centinaio di addetti, fra dipendenti e collaboratori, molti dei quali in cassa integrazione, che è ancora in corso, soprattutto per quanto riguarda i venditori. Col post vendita, ovvero con tagliandi, manutenzioni e riparazioni, stiamo invece lavorando in pieno perché dobbiamo ovviamente recuperare il tempo perso con la chiusura».
Manzotti Automobili è un’impresa di famiglia, fondata nel 1953 da Giovanni Manzotti (classe 1928) ed oggi, dopo la sua scomparsa, guidata dai figli Antonio (classe 1955), presidente, e Saverio (1962), amministratore delegato.
Nata come prima carrozzeria industriale bellunese, specializzata soprattutto nella revisione pullman, nei primi anni ’60 diventa concessionaria della Innocenti, dal 1975 della Citroen e dal 1995 anche della Suzuki.
Oggi, oltre alla sede storica di Ponte nelle Alpi, il gruppo conta concessionarie, sempre di queste due marche, anche a Conegliano, Castelfranco, Este, Cittadella, Treviso, Bassano.
«È stata una nostra scelta aziendale – spiega Antonio Manzotti – quella di dedicarci a queste due sole marche, che negli anni ci hanno dato grandi soddisfazioni nonché la possibilità di crescere grazie ad una proficua collaborazione».
Quante auto avete venduto nel 2019?
«Circa 4.000 mezzi, fra auto e veicoli industriali, in crescita sul 2018».
Quanto avete fatturato?
«80 milioni di euro, in aumento sul 2018».
Previsioni per quest’anno?
«Il dato dei primi tre mesi registra un calo di circa il 30%, più contenuto rispetto al resto del mercato, ma pur sempre pesantissimo».
Contate di recuperare nei prossimi mesi?
«È molto difficile, è ipotizzabile chiudere l’anno con un meno 20/25% sui dodici mesi precedenti. Consideriamo che le case automobilistiche sono state costrette a bloccare la produzione, perché nei piazzali si calcola ci siano in Europa oltre 700.000 auto invendute, che vanno immesse sul mercato prima di produrne altre. Peraltro sembra reagire meglio il segmento dei veicoli commerciali fino a 35 quintali, che risponde alle esigenze delle aziende che necessitano di cambiare i mezzi vetusti».
Il Sole 24 Ore ha scritto recentemente che l’intero settore auto in Italia ha perso nel primo quadrimestre dell’anno il 36,9% della produzione rispetto al 2019, praticamente il doppio rispetto al -18,7% registrato dall’intera manifattura italiana da gennaio ad aprile scorso. Ad aprile, in particolare, sono state prodotte in Italia 400 autovetture contro le 49mila dell’anno prima: un quasi azzeramento nel mese che si traduce in un dimezzamento della produzione dall’inizio dell’anno (-45%).
In Europa, secondo l’Acea, l’Associazione delle aziende della filiera automotive in Europa, sono stati due milioni e mezzo gli autoveicoli prodotti in meno nel periodo del lockdown per il contenimento della diffusione della pandemia. Con una frenata drammatica, che ricade sui volumi dei componentisti italiani visto che Germania, Spagna, Francia e Regno Unito sono stati nel corso del 2019 i primi quattro paesi di destinazione delle esportazioni di prodotti dell’automotive Made in Italy, mercati che assorbono la metà dell’export in valore.
«A fronte di questi numeri – prosegue Antonio Manzotti – siamo perplessi rispetto alle decisioni del Governo italiano, che pare non rendersi conto della difficoltà del settore, che si riflette su tutta l’economia nazionale. Dapprima non è stato previsto alcun incentivo. Adesso, come dicevo in precedenza, si parla di rottamazione, ma solo con annunci, senza prendere le decisioni che sarebbero necessarie. Così, nell’attesa, il cliente sta fermo, aspettando gli eventuali incentivi, e il mercato non si muove».
Cosa proporrebbe come soluzione?
«Di agire tempestivamente, come sta facendo ad esempio la Germania dove, mi risulta, hanno pronti dei pacchetti che riguardano, da un lato, l’incentivazione tramite le case automobilistiche sulle auto elettriche e su quelle ibride; dall’altro interventi sulla riduzione dell’Iva. Fare una manovra sull’Iva anche in Italia avrebbe un positivo effetto shock sulle vendite, perché il cliente potrebbe apprezzare immediatamente il vantaggio di acquistare un’autovettura nuova».
C’è davvero, a suo avviso, il rischio di chiusura per un 40% delle concessionarie italiane?
«Spero francamente si possa scongiurare uno scenario così drammatico con un intervento del Governo a vantaggio non solo della filiera dell’automotive, ma di tutta l’economia nazionale. Di certo è necessaria una maggiore chiarezza». —
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