Marginalità, venti famiglie “curano” quelle in difficoltà
BELLUNO. Sono le famiglie “in salute” a dover aiutare le famiglie in difficoltà. È sempre più affidata alle associazioni di volontariato e ai cittadini la “cura” dei problemi socio-sanitari, anche se supportati da personale specializzato: anni fa si è iniziato con i malati psichiatrici per finire oggi a gestire i problemi delle famiglie. E questo anche per far fronte alla carenza di risorse economiche e umane con cui sempre più le aziende sanitarie devono fare i conti.
È nato così nel 2015 il progetto “Reti di famiglie” avviato nei quattro comuni che hanno aderito cioè Belluno, Limana, Ponte nelle Alpi e Longarone. Si tratta di un progetto nato per “curare” la marginalizzazione a cui spesso molte famiglie vanno incontro soprattutto quelle con problemi economici. E questa marginalità poi, a lungo andare, finisce per allargarsi a tutti i rapporti quotidiani.
«È nata così la necessità di prevenire il fenomeno della marginalità sociale tramite i principi di sussidiarietà e orizzontalità», dice Maria Arrigoni, direttore dell’unità operativa Infanzia, adolescenza e famiglia dell’Usl 1, «cioè saranno le famiglie stesse che aderiranno alla rete le protagoniste del processo di sostegno alle famiglie a rischio di marginalizzazione. Il progetto infatti intende attivare e rinforzare un sistema di aiuti di tipo prossimale, dove gli specialisti intervengono dall’esterno, principalmente in veste di consulenti della comunità, unica vera protagonista, assieme alle famiglie che la compongono, di un percorso che intenda essere realmente efficace nel contrastare il fenomeno della marginalità sociale. E questo può essere davvero un sistema idoneo in un territorio montano come quello bellunese».
«Dopo la fase di sensibilizzazione della popolazione e di formazione delle famiglie intercettate per questo progetto», prosegue Arrigoni, «si sono costituite tre reti: a Belluno, Ponte nelle Alpi e a Longarone, che stanno approfondendo le disponibilità e la metodologia da adottare per avviare le accoglienze. Ogni rete è composta da 5-6 famiglie ed è aperta però a nuovi ingressi». Per quanto riguarda Limana, invece, «sta ripartendo un’azione di sensibilizzazione, sempre sui temi dell’accoglienza e della solidarietà perché le famiglie contattate in precedenza sono già impegnate nel sociale in vario modo e quindi si vogliono raggiungere altre fasce di popolazione».
Il progetto prevede, inoltre, il coinvolgimento, in ogni Comune, di un’assistente sociale e un educatore in convenzione e dei servizi dell’Unità Infanzia e adolescenza tramite tre educatori. Il progetto è stato avviato in collaborazione con l’Usl 8 di Asolo, che è capofila, vista l’esperienza maturata in otto anni in questo campo che «ha contribuito significativamente a contrastare l’allontanamento e istituzionalizzazione dei minori in condizioni di disagio».
Il progetto, partito nel marzo 2015, costa 150 mila euro, ed è finanziato dalla Regione Veneto per 50 mila euro e dall’Usl 1 e dai Comuni coinvolti per altri 100 mila euro.
Paola Dall’Anese
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