Massaro: «Siamo chiamati a un sacrificio ma ci attende una nuova liberazione»

Cerimonia ridotta il 25 aprile, il discorso del sindaco diffuso via internet: «Oggi stiamo dimostrando cosa voglia dire democrazia»

BELLUNO


Oggi come settantacinque anni fa, i cittadini sono chiamati a fare un sacrificio per la libertà. Un valore di cui ci si rende conto proprio quando questa viene limitata. È stato un 25 aprile decisamente diverso dal solito, quello celebrato ieri a Belluno. Un breve corteo dal municipio al monumento ai Caduti nei giardini pubblici, con il sindaco Massaro in testa, accanto al gonfalone portato da un vigile, il presidente del consiglio comunale Francesco Rasera Berna e il presidente della Provincia Padrin.

Solo loro, insieme ai rappresentanti di Anpi e associazione nazionale Famiglie Caduti e dispersi in Russia. Un gruppo di cittadini (una quindicina, a distanza e con le mascherine e i guanti) ha accolto il corteo in piazza dei Martiri. In silenzio, chi ha voluto ha sostato un minuto davanti al monumento, per una riflessione o una preghiera.

Il discorso del sindaco è stato trasmesso su Youtube, per essere seguito da tutta la cittadinanza, e Massaro ha inevitabilmente fatto un parallelismo fra quanto accaduto 75 anni fa e quanto l’Italia (in verità tutto il mondo) sta vivendo oggi a causa del coronavirus. «Questa condizione porta a pensare che siamo reclusi, ma non è così, perché chi è in prigione ha fatto qualcosa di male mentre noi stiamo a casa per fare qualcosa di bene», ha iniziato Massaro nel video. «Oggi stiamo dimostrando cosa voglia dire democrazia: ci sacrifichiamo per la tutela della comunità, e questa è una caratteristica della democrazia».

Un sacrificio necessario, ha aggiunto il sindaco, «per arrivare alla liberazione. Ce l’ha insegnato la storia e noi dobbiamo insegnarlo a chi verrà dopo di noi». Sacrificio ma anche senso di responsabilità: «Nei confronti dei nostri figli, così come l’hanno avuto i nostri nonni di fronte alla perdita della libertà. Loro hanno lottato per recuperarla. Vinceremo questa battaglia, che dobbiamo affrontare senza abbassare la testa, senza scoraggiarci, ma guardando all’orizzonte dove ci aspetta una nuova liberazione».

«Quest’anno ci troviamo a celebrare il 75° anniversario della Liberazione in un momento in cui il nostro Paese si scopre in guerra con il coronavirus e in cui le libertà dei singoli sono state compresse per il bene collettivo», ha aggiunto il presidente della provincia, Roberto Padrin, con un messaggio. «Ma allora l’Italia era divisa, dilaniata dopo lunghi anni di battaglie, di morte e di sangue; oggi il Paese è unito dalla comune lotta contro il virus. Questa unità, necessaria per contrastare il contagio e liberarci dal coronavirus, dovrà essere alla base della ripartenza. Ognuno dovrà fare la sua parte. Ognuno di noi sarà chiamato a ricostruire e a far rifiorire la provincia di Belluno laddove il virus ha seminato paura, distanze e chiusure».

Anche secondo il presidente dell’Anpi, Gino Sperandio, «finita l’emergenza bisognerà lavorare affinché le libertà siano sempre garantite e affinché i valori della Costituzione siano sempre al centro dell’azione politica».

E anche se la seconda guerra mondiale non si può paragonare alla pandemia da coronavirus, «sarà importante che dopo l’emergenza restino quel senso di solidarietà e la capacità del popolo di dimostrarsi unito che abbiamo visto in questo periodo», ha aggiunto Rasera Berna. «Solidarietà e unione sono valori irrinunciabili, come lo è la libertà». –


 

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