Maternità, opera stoppata al S.Martino lavoratori non pagati

Una decina di dipendenti della ditta subappaltatrice attende lo stipendio ancora da luglio e nessuno sa nulla
Di Paola Dall’anese
FERMI I LAVORI DI AMPLIAMENTI DELL'OSPEDALE SAN MARTINO
FERMI I LAVORI DI AMPLIAMENTI DELL'OSPEDALE SAN MARTINO

BELLUNO. Sempre più a rischio la realizzazione del gruppo materno-infantile del San Martino di Belluno. Infatti, dopo che nel novembre scorso la ditta che ha vinto l’appalto ha chiesto il concordato preventivo, i sindacati hanno iniziato a indagare sulla vicenda, venendo a scoprire che oltre una decina di lavoratori della ditta calabrese subappaltatrice dell’opera, Rove, non percepiscono lo stipendio dal luglio scorso. E così Paola Tegner e Marco Nardini della Fillea Cgil lanciano l’allarme: «È grave che in un appalto pubblico capitino situazioni di questo tipo, segno che qualcosa non ha funzionato nei controlli da parte di chi era deputato a farli. Ma su questa vicenda siamo intenzionati ad andare a fondo e soprattutto a rivendicare i diritti di questi lavoratori la cui condizione è passata sotto silenzio».

La vicenda. Tutto nasce nel novembre scorso quando la Orion, ditta cooperativa di Reggio Emilia vincitrice dell’appalto dell’Usl n. 1 di oltre 11 milioni di euro, chiede il concordato preventivo. Ma per eseguire l’opera all’ospedale di Belluno la ditta aveva subappaltato a una cooperativa calabrese, la Rove appunto, che eseguiva materialmente i lavori. Quando la Orion si è trovata in difficoltà, i lavori si sono interrotti. I lavoratori della Rove, «per lo più dell’Europa dell’Est e residenti a Milano, Monza e in altre parti d’Italia, sono rimasti pian piano a casa. Qualcuno ha smesso l’attività a giugno, qualche altro a novembre. Ma per tutti lo stipendio non è arrivato», dicono Tegner e Nardini.

I sindacati si muovono. «I lavoratori hanno iniziato a chiamarci verso luglio perché non vedevano arrivare i loro soldi», precisano i sindacalisti della Fillea Cgil che proseguono: «Abbiamo a quel punto cercato di contattare la ditta calabrese, ma non siamo riusciti, scoprendo poi che il titolare non era poi quello che si credeva. Non riuscendo a metterci in contatto, quindi abbiamo chiamato la Orion, che avrebbe dovuto fare i controlli sui pagamenti dei lavoratori. Anzi non abbiamo nemmeno le buste paga in mano e non sappiamo chi le abbia. Consideriamo che stiamo parlando di stipendi non pagati per un totale di circa 40-50 mila euro», spiegano Tegner e Nardini.

A questo punto i sindacalisti si rivolgono all’Usl 1. «Abbiamo chiesto degli incontri per avere delle risposte, poi alla fine abbiamo scritto una lettera in cui chiedevamo che venissero pagati i lavoratori, ma l’azienda ci ha risposto che il suo obbligo è soltanto nei confronti della contribuzione, non della retribuzione».

Ma per i sindacati la vicenda non si chiude qui. «Stiamo raccogliendo i documenti e le firme dei lavoratori per farci dare il mandato per rappresentarli civilmente all’interno del concordato preventivo della Orion per ottenere qualcosa anche per loro, altrimenti sarebbero destinati a non percepire più nulla. Vogliamo però capire dove sono andati i soldi dei lavoratori. Usl e Orion dicono di aver pagato, ma i dipendenti non hanno visto nulla da mesi».

E questo per la Fillea Cgil è solo la punta dell’iceberg. «Questa situazione la troviamo ormai troppo di frequente e non va bene: molte ditte non pagano i loro dipendenti. Sono una quindicina in provincia che attuano questa politica a scapito di oltre un migliaio di dipendenti. Preferiscono pagare Inps, Inail e Cassa edile, ma non i lavoratori. Bisogna intervenire. Anche perché è proprio l’edilizia il settore più tragicamente in crisi. Siamo di fronte ad un’emorragia di piccole e medie aziende che sembra non poter essere frenata. Ci sono persone con famiglia costrette a vivere con 300 euro al mese, dopo aver pagato il mutuo. E per molti di questi a breve gli ammortizzatori sociali finiranno».

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