Matteo, l’amore di coltivare nelle nostre montagne

LOZZO
Da una parte c’è papà Domenico De Coppi che gestisce l’omonima azienda di ortofrutta con dieci dipendenti e prodotti che riforniscono soprattutto gli scaffali dei supermercati della catena Unicomm, come Famila, A&O ed Emisfero. Dall’altra c’è il figlio Matteo, 38 anni di Lozzo, che dopo essersi diplomato come elettricista e aver fatto dieci mesi nel gruppo sportivo degli alpini durante il servizio militare, è tornato a casa e ha iniziato subito a lavorare per l’azienda di famiglia. Un testimone retto ancora dalle mani di entrambi per dare prodotti freschi ma anche di quarta gamma a tutto il “Centro Cadore”, e non solo.
Si chiama così l’azienda che Matteo ha fondato a 23 anni, dopo aver raccolto le esperienze seminate in gioventù, trascorsa dai nonni a fare il fieno e con i genitori tra le vacche e i vigneti nel Trevigiano.
Come si è avvicinato al settore?
«I miei sono di Tarzo e mio padre faceva già il commerciante, ecco perché siamo finiti a vivere qui. Dopo aver terminato la scuola ho iniziato a lavorare con mio padre per la stagione estiva, prevalentemente come autista. Andavo a caricare la merce in campagna e in pianura, scendendo fino a Cesena, Chioggia, Ferrara, ma anche in Trentino per caricare le mele. Mio padre ha sempre coltivato, ma piccole quantità. Nel 2006 ho deciso di aggiungermi anche io con il primo insediamento, aprendo la mia azienda. Purtroppo non avevamo terreni di proprietà così ho dovuto affittare tutto: ad oggi ho una sessantina di contratti per coltivare prevalentemente nei Comuni di Vigo, Lozzo e Domegge. Sono circa dieci ettari a oltre mille metri sul livello del mare, non tutti coltivati ma anche lasciati a riposo per permettere la naturale rigenerazione del terreno».
Com’è stata la partenza?
«All’inizio avevamo poche quantità di cavolo cappuccio, zucchine, radicchio e insalate, cui sono state aggiunte molte altre varietà di orticole, ma anche mais e frumento. Abbiamo raggiunto un picco di produzione molto alto, parlo di oltre 360 mila piantine di radicchio tanto per fare un esempio, che oggi però sono diventate 90 mila, questo perché il mercato non rispondeva nel modo giusto e alla fine abbiamo preferito puntare sulla qualità».
E il futuro?
«Cerco di andare avanti con ordine e di sperimentare seguendo i numeri della nostra clientela. Da qualche tempo tengo d’occhio i guadagni e cerco di aumentare il margine, perché, dopo tanto lavoro e dopo aver avuto tre figli, ho capito che questa vita non si può fare per niente, è giusto avere un ritorno economico che permetta a tutti di vivere serenamente e questo lavoro è tutt’altro che semplice. Acqua, pioggia, caldo, freddo, spedizioni, ordini, raccolti… Bisogna fare i conti con le proprie forze e il mercato. L’attrezzatura per incrementare la produzione comunque c’è, qualora arrivassero ordini importanti, ma gli azzardi li abbiamo già fatti e non hanno portato a niente. Ora sto cercando di trovare la mia dimensione più redditizia, garantendo uno stipendio a quattro dipendenti».
Come ha inciso il Coronavirus sulla sua attività?
«Normalmente chiudo l’azienda da ottobre a maggio, tanto che non abbiamo subito quasi nessun effetto. Durante l’inverno lavoro all’ingrosso con mio padre e nel periodo di quarantena abbiamo corso tantissimo, con momenti in cui non riuscivamo a far fronte a tutte le ordinazioni e spedizioni. In quella fase abbiamo capito il potenziale dei prodotti confezionati, che noi proponiamo in diverse forme. In questi giorni siamo alle prese con i trapianti, ma non so dire come sarà quest’annata, così ho deciso di tenermi un po’ stretto e di ridimensionare la produzione per contenere i costi, anche perché se ci sarà un altro lockdown dovremo essere pronti a farvi fronte».
Qual è la vostra clientela tipica?
«Abbiamo tentato varie strade, oltre alla grande distribuzione, anche ristoranti e alberghi, ma alla fine il canale più redditizio è quello della vendita attraverso negozi e supermercati. Non sempre quando ti affidi a terzisti ricevi delle offerte adeguate alla qualità dei tuoi prodotti e ai tuoi costi di lavorazione. Nel nostro caso vince la rapidità, perché l’integrazione tra la mia azienda e quella di mio padre ci permette di essere efficaci e tempestivi. Da un po’ di tempo collaboro anche con qualche malga con la vendita della farina da polenta. Ci sono inoltre delle cooperative, come quella di Cortina, che non si limitano a proporre i nostri prodotti ma che ci hanno voluti conoscere per vedere come lavoriamo, in modo da veicolare meglio i nostri ortaggi. Grazie a due panifici di Lozzo e Pozzale riusciamo inoltre a offrire pane, grissini, biscotti, focacce e schiacciatine. Ci concentreremo ora sui trasformati di quarta gamma, ovvero quei prodotti in busta che una volta aperta possono essere subito consumati. Questo anche grazie al laboratorio che abbiamo aperto nel 2012». —
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