Maxi udienza per la multa al maresciallo
Lentiai. Sette ore di dibattimento: la ricostruzione dell’assistente di polizia locale sulla contravvenzione a Fanigliulo
MEL-LENTIAI. Tre giudici, sette avvocati, un pubblico ministero, una sfilza di testimoni e cinque imputati, di cui uno presente in aula per tutte e sette le ore di udienza. Tutto generato da una multa per eccesso di velocità. È andato in scena ieri in tribunale a Belluno il primo atto di un processo che si preannuncia impegnativo: è quello che vede sotto accusa, a vario titolo, il maresciallo dei carabinieri Cosimo Fanigliulo insieme al comandante della polizia locale di Lentiai Fabio Cavalet, al sindaco di Lentiai Armando Vello e ai carabinieri Nicola Eramo e Giovanni Agricola. Che la vicenda sia particolarmente complessa lo ha premesso anche il giudice Paolo Velo, che presiede il collegio composto da Angela Feletto e Fabio Santoro: Velo ha invitato tutti ad essere il più possibile precisi su eventi, parole, luoghi. Missione ardua, quella di separare i fatti dalle opinioni, in una vicenda che tocca da vicino la sfera personale dei protagonisti.
La multa della discordia.
L’udienza che ieri mattina ha dato il via il dibattimento si è aperta con la testimonianza dell’uomo che, con una nota in Procura, ha aperto una sorta di vaso di Pandora. «Il 18 settembre 2013» ha spiegato di fronte ai giudici un assistente di polizia locale a Lentiai, «stavo svolgendo funzioni di polizia stradale per rilevare infrazioni di velocità a Villaghe. Nei giorni seguenti ho decriptato i dati e stampato le foto, circa 30, per poi visionarle insieme al responsabile di polizia locale Fabio Cavalet. Lui ha immediatamente riconosciuto l’auto privata di Fanigliulo». La multa viene notificata - secondo la testimonianza - direttamente da Cavalet il 17 dicembre 2013. «Da quel momento non ne ho saputo più nulla» continua l’assistente, «fino a che, il 12 febbraio, Cavalet ha pagato la multa con il suo bancomat. Ero incredulo. Mi disse che qualcuno si doveva sacrificare». Alcune settimane dopo in Procura arriva una nota che denuncia l’accaduto.
Una vicenda complessa.
Le domande del pubblico ministero Roberta Gallego ieri hanno aiutato a ricostruire la fitta rete di legami tra i protagonisti della vicenda. Come i contatti tra l’assistente di polizia locale e Fanigliulo per una questione di liti di vicinato con un conoscente del maresciallo (sfociata in una denuncia per atti persecutori, archiviata) e la disposizione del dicembre 2014 di togliere all’assistente le armi. Le deposizioni relative all’arresto di Lucky Osarenkhoe, ambulante nigeriano che secondo l’accusa sarebbe stato arrestato illegalmente e picchiato, sono state rinviate alle prossime udienze mentre si è iniziato a delineare i contorni dell’altra accusa che pende su Fanigliulo, quella di aver falsificato i suoi orari di lavoro.
Focus sul maresciallo.
Il carabiniere, che ora opera a Nervesa della Battaglia, è stato al centro delle deposizioni dei testimoni. Non solo per la vicenda della multa, della quale lui stesso, secondo le testimonianze, si sarebbe «vantato». Ma anche per chiarire come è stato compilato lo schema dei turni che evidenzia le supposte discrepanze tra gli orari di servizio dichiarati e quelli effettivi. Un file compilato proprio da uno degli uomini in servizio a Mel che, inoltre, aveva avuto contatti con l’assistente di polizia locale con il quale aveva parlato della contravvenzione. Un intrigo di telefonate e incontri confluite nelle deposizioni di ieri.
Le celle telefoniche.
Le versioni dei testimoni non sempre combaciano e la tecnologia non viene in aiuto. L’allora procuratore Francesco Saverio Pavone si era avvalso di tabulati telefonici e intercettazioni. Ieri la Guardia di Finanza ha spiegato nel dettaglio gli accertamenti che, però, non hanno dato certezze su dove si trovassero Cavalet e Fanigliulo al momento dell’infrazione. Il tempo per approfondire non manca: appuntamento al 18 ottobre per ascoltare altri sei testimoni.
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