Medici, contro la carenza «servono più incentivi»
BELLUNO. Oculista, dermatologo, odontoiatra. Si complica la situazione del personale nell’Usl 1 Dolomiti. Infatti, nei giorni scorsi alla direzione generale sono arrivate le lettere di dimissioni di tre specialisti che operano nel servizio ambulatoriale dell’azienda sanitaria. Si tratta, appunto, di un medico oculista, di un dentista e di un dermatologo. Di questi tre specialisti, uno se n’è andato all’inizio di febbraio e due se ne andranno a marzo. Una situazione che non può far altro che aumentare le criticità relative alla carenza di specialisti che in questi ultimi anni sta colpendo l’Usl 1 Dolomiti. Anche per chi pensava che l’unificazione delle due aziende avrebbe portato degli effetti positivi almeno sul fronte del personale che sarebbe stato messo insieme aumentandone così il numero, alla fine la soluzione non è stata quella sperata. La carenza di medici inizia a farsi pesante. E mentre in altre realtà anche vicine ai confini bellunesi come Bolzano si sta correndo ai ripari aumentando i compensi, nel Bellunese questo non avviene. Anche se si potrebbe fare. Soprattutto se si parla di medici di medicina generale. Anche queste figure, infatti, iniziano a scarseggiare. Sono sempre meno i camici bianchi che decidono di lavorare in montagna. Troppi i disagi, troppe le spese di spostamento da un ambulatorio all’altro, senza contare gli eventuali disagi dovuti magari a neve e ghiaccio. A sottolineare questa situazione sono il presidente dell’Ordine dei medici, Umberto Rossa e il fiduciario della Fimmg, Fabio Bortot. «Esiste una legge regionale che prevede degli incentivi per i medici di famiglia che lavorano nelle aree definite disagiate e disagiatissime, definizione entro cui rientrano alcune delle zone del Bellunese, come l’alto Comelico e Agordino e parte del Cadore», precisa Rossa che aggiunge: «Da tempo abbiamo preparato tutta la documentazione necessaria e l’abbiamo consegnata all’Usl. Ma ad oggi, malgrado le sollecitazioni, non abbiamo avuto alcun riscontro».
«Si consideri che tutti i medici entrati in servizio intorno agli anni Ottanta, entro qualche anno andranno in pensione e quindi in provincia ci sarà uno svuotamento», sottolinea Bortot. «E se non ci sono dei giovani che ci sostituiscono il territorio rimarrà sguarnito. Ha poco da dire l’Usl che più di fare bandi e avvisi non può fare. Ci sono dei modi, che in altre realtà stanno mettendo in atto, per attirare e far rimanere qui i medici». «Ma forse quello che manca è la volontà politica per intraprendere questa strada», prosegue ancora il presidente dell’Ordine che aggiunge: «Consideriamo che l’Usl 1 ottiene dei finanziamenti in più per la sua specificità montana. Gli incentivi potrebbero essere spesi proprio a questo scopo. La direzione Usl dovrebbe muoversi in questo senso, altrimenti rischiamo davvero di rimanere senza medici di famiglia».
«Anche perchè», spiega pure Giuseppe Barillà, l’anima della medicina di gruppo integrata del Longaronese-Zoldano e di tutte le sperimentazioni informatiche dell’Usl, «un tempo anche qui a Belluno avevamo la scuola di medicina generale, ora è tutto spostato su Padova e Verona. Lì i medici seguono la parte teorica, mentre c’è la possibilità di fare la pratica nel luogo di residenza. Sarebbe un’occasione ma servono dei tutor, qualcuno che li segua. E qui da noi scarseggiano».
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