A rischio le quattro medicine di gruppo nel Bellunese: «Non possiamo sostenere i nuovi costi»

Il problema è l’aumento dei costi del personale di supporto. I medici: «Se l’Ulss non interverrà le funzioni attuali verranno meno»

Paola Dall'Anese
La vaccinazione di una paziente della medicina di gruppo di Cavarzano
La vaccinazione di una paziente della medicina di gruppo di Cavarzano

L’aumento del costo del personale di supporto mette a rischio il futuro delle quattro medicine di gruppo integrate del Bellunese: quelle di Belluno e Longarone che raggruppano sei medici, Feltre con nove e Comelico con quattro (il quinto andrà in pensione a breve). «Siamo un esempio virtuoso di gestione sanitaria integrata, rispondendo alle esigenze della popolazione in modo coordinato ed efficiente», precisano i referenti Ali Chreyha della Longaronese-Zoldo, Giovanni De Col di Feltre, Alessandro Bettini di Santo Stefano di Cadore e Fabio Bortot di Cavarzano.

Queste strutture gestiscono complessivamente più di 38 mila pazienti: «Siamo un pilastro fondamentale per garantire un’assistenza sanitaria di qualità in un territorio montano, dove le difficoltà logistiche e l’isolamento possono complicare l’accesso alle cure. Nonostante i successi ottenuti in questi anni, le nostre medicine di gruppo integrate sono a rischio», sottolinea Chreyha.

La storia

Il modello delle Medicine di gruppo è partito in Veneto nel 2016 grazie alla Dgr 751/2015. Tale modello prevede che vengano garantite le presenze di un medico, dell’infermiere e dell’assistente di studio per 12 ore giornaliere dal lunedì al venerdì e il sabato e prefestivi dalle 8 alle 10. «L’obiettivo era quello di migliorare l’accesso alle cure e garantire una presa in carico effettiva della cronicità, svolgendo attività di prevenzione. Così le medicine di gruppo integrate bellunesi sono cresciute, stabilendo un rapporto di fiducia con la comunità, migliorando la qualità della vita dei pazienti e rendendo il sistema sanitario più vicino alla gente», spiegano i referenti. 

«Il personale infermieristico e i collaboratori di studio vengono assunti dai medici tramite convenzione con le cooperative sociali Le Valli per Longarone e Comelico e Croce Blu per Belluno e Feltre e sono economicamente a carico dell’Ulss. La funzione delle coop è fondamentale per garantire che le strutture rispondano alle necessità quotidiane dei pazienti, organizzando il servizio infermieristico e l’attività del front e back office con gli assistenti di studio, garantendo così ai medici maggior tempo da dedicare ai pazienti».

Il futuro incerto

Questo modello da almeno tre anni non è più incentivato dalla Regione e i contratti nati negli anni precedenti stanno procedendo in proroga. «Al 31 dicembre di quest’anno scadrà la seconda proroga», precisa Chreyha, «e non sappiamo se saranno ancora riproposti. Quello che sappiamo, però, è che questo modello è efficace per rispondere alle sfide di un territorio montano come quello bellunese, dove la distanza dai centri urbani e le difficoltà di trasporto rendono l’accesso alle cure più complesso. In questo contesto, le medicine di gruppo integrate forniscono assistenza sanitaria primaria e un supporto continuo e personalizzato per i pazienti, con particolare attenzione alle persone anziane e con patologie croniche».

Nelle Medicine di gruppo integrate si eseguono medicazioni sia in acuto che in cronico, elettrocardiogrammi in telerefertazione con la Cardiologia, spirometrie semplici, attività di counselling per quanto riguarda la prevenzione degli stili di vita e l’accesso agli screening oncologici, la partecipazione alle campagne vaccinali, in particolare quella annuale antinfluenzale, e la gestione in autonomia o assieme agli specialisti ospedalieri dei pazienti cronici come quelli affetti da diabete 2, broncopneumopatia cronica ostruttiva, scompenso cardiaco o in terapia anticoagulante orale.

Il rischio chiusura

Con il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle coop sociali, è previsto un aumento del 15% dei costi del personale. «Finora questo incremento non ci è stato attribuito, ma dal 2025 lo sarà. Come medici non saremo in grado di sostenerlo, anche perchè significa un esborso in più all’anno per ciascun professionista di 3 mila euro. Abbiamo chiesto all’Ulss di provare a venirci incontro, ma finchè la Regione non si esprimere, l’azienda non può fare nulla. La chiusura delle Mgi, in un territorio già fragile come quello montano, sarebbe devastante, poiché priverebbe i cittadini di un punto di riferimento essenziale per la loro salute», conclude Chreyha.

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