Mega deficit dell’Usl Dolomiti. Sindaci preoccupati: servono fondi in più
BELLUNO. «Nessuno pensi a tagliare i servizi o gli ospedali, perché qui in provincia abbiamo già dato». Sono molto preoccupati, qualcuno addirittura “angosciato” per il deficit di oltre 33 milioni di euro che l’Usl Dolomiti prevede come risultato di esercizio per l’anno in corso. Un deficit che non si era mai visto prima e che nessuno si aspettava, visti i risparmi preventivati dalla Regione in seguito alla fusione delle due “vecchie” aziende sanitarie di Belluno e Feltre.
«Quando si pensa che i problemi siano stati risolti, ne arriva uno che lascia una grande preoccupazione. Soprattutto perché è chiaro che questi problemi verranno scaricati sulle zone periferiche. Ma che nessuno pensi di tagliare ancora i servizi negli ospedali di periferia, perché non lo permetteremo», dice battagliero il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones. Che aggiunge: «Sulla struttura di Agordo non siamo intenzionati a transigere: abbiamo già dato abbondantemente, ci abbiamo messo anche i fondi ex Odi. Più di così non sappiamo cosa fare. Ora basta».
Dello stesso avviso il primo cittadino di Agordo, Sisto Da Roit che ora punta il dito contro la fusione. «Prima della fusione l’Usl 1 aveva un deficit di 10 milioni di euro, e l’Usl 2 di Feltre era quasi in pareggio, ora che si sono unite ci dicono che il buco è di 33 milioni. Questo ci fa pensare che l’unificazione abbia comportato una moltiplicazione del deficit, altro che il risparmio tanto decantato». Ma al di là delle polemiche, Da Roit sottolinea ancora una volta come il problema sia nelle inadeguate risorse assegnate a una realtà come quella montana, «dove è inevitabile che i costi siano maggiori. Sono cose che diciamo da anni, ma o non si vuole capirle o non si può. Quello però che abbiamo visto finora è un lento ma inevitabile depotenziamento delle strutture ospedaliere e dei servizi territoriali periferici. Sappiamo che il diktat è quello di risparmiare, e allora non si investe più nei macchinari, nei servizi, nelle figure professionali e quando non si fanno più queste cose i risultati sono sotto gli occhi di tutti, purtroppo. Allora io chiedo che chi ci governa abbia l’onestà intellettuale di dire che non si vuole o non si può investire in montagna: allora cercheremo di arrangiarci. Da anni sentiamo promesse di potenziamenti di reparti, di attività: ma ad oggi non si è visto nulla, se non il contrario. Abbiamo messo anche dei soldi dei fondi ex Odi, abbiamo fatto dei sacrifici, ma a cosa sono serviti? A questo punto anche chi ci governa si metta una mano sul cuore e faccia una programmazione ospedaliera degna di tale nome. Perché non è possibile creare un’area vasta anche con specializzazioni presenti nei nostri ospedali? Possibile che non ne abbiamo neanche una e che siamo sempre costretti ad andare verso la pianura?».
Angosciata la prima cittadina di Santo Stefano, Alessandra Buzzo: «Qui non sappiamo cosa ci aspetta e quello che temiamo sono le ripercussioni sulle nostre realtà territoriali già così fragili». Lo stesso sindaco di Feltre, Paolo Perenzin si dice preoccupato per questa situazione: «Non vorrei che toccasse al Feltrino pagare i deficit del Bellunese, asseverando quello che dicevamo che cioè l’azienda zero e la fusione non avrebbero portato ai risparmi che ci dicevano».
«Dovremo vigilare attentamente su come verranno gestiti i servizi e le risorse perché non possiamo permetterci di perdere i pilastri della nostra sanità», conclude anche il sindaco di Alpago, Umberto Soccal. «Le risorse sono sempre meno e il rischio è che vengano meno anche i servizi».
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