Mense, futuro incerto per 100 lavoratori

I sindacati sono in allarme: «Che fine farà chi, a vario titolo lavora ad oggi nel settore? Chiediamo garanzie sul loro posto»

BELLUNO. Preoccupa e non poco la fine che farà oltre un centinaio di dipendenti che a vario titolo ad oggi si occupano di gestire le mense negli ospedali dell’Usl 1 Dolomiti. Infatti, con il subentro della società Serenissima Ristorazione, prevista a Belluno tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, vincitrice dell’appalto regionale, non si sa che cosa succederà di loro. E se dalla Serenissima arrivano rassicurazioni in merito, i sindacati di categoria sono in allarme, anche se per oggi attendono una risposta da parte dell’assessore veneto Coletto.

Quella che si prospetta, è una vera rivoluzione non solo perché per la prima volta tutte le mense ospedaliere regionali saranno gestite da un’unica società, ma anche perché sarà introdotto il sistema del cook and chill, cioè quello per cui le pietanze, una volta preparate, saranno sottoposte ad un trattamento per conservare le qualità organolettiche. Un sistema che, come fa presente Stefano Calvi, segretario della Fisascat Cisl, «era già stata avviato in via sperimentale nel Feltrino, ma senza successo. La gente, infatti, non era rimasta contenta. Ora vedremo cosa succederà visto che questo sarà il sistema con cui verranno serviti i pasti».

Ad oggi le uniche mense ospedaliere che non sono state esternalizzate sono quelle del San Martino di Belluno e del nosocomio di Agordo dove operano rispettivamente 24 e 15 cuochi, tutti dipendenti Usl. A Belluno, inoltre, lavorano 22 dipendenti della società Markas che oltre a distribuire le pietanze si occupano anche della pulizia della cucina. Infine, gli ospedali di Feltre e Pieve di Cadore già da diversi anni sono finiti rispettivamente in mano alla Serenissima (con 40 dipendenti) e alla Sma (una quindicina). «Quest’ultima prepara anche i pasti per la casa di riposo e per il servizio a domicilio. Se perde l’ospedale, riuscirà a sostenere anche gli altri servizi?». Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil si dicono perplessi. «Cosa succederà di tutti questi dipendenti?», si domanda Fulvia Bortoluzzi segretaria della Filcams. «I cuochi dipendenti dell’Usl saranno probabilmente reimpiegati in qualche servizio all’interno dell’ospedale, tra cui il magazzino e il centro di sterilizzazione, ad esempio. Ma per gli altri lavoratori che dipendono dalle altre ditte esterne quale sarà il destino?». Da quanto si sa, Markas per i suoi addetti avrebbe confermato il posto, passandoli dalla cucina alla pulizia dei reparti. «Ma questo significa che, al posto delle 38-40 ore a settimana previste oggi con il part time, vedranno una drastica diminuzione dell’orario di lavoro. E anche del salario. E questo non è giusto», sottolinea Bortoluzzi.

«Alcuni dipendenti che oggi lavorano alla mensa di Agordo saranno probabilmente trasferiti a Belluno, alla faccia dello spopolamento di questa provincia», dicono i sindacati che aggiungono: «Prima nelle nostre mense venivano preparati 40 menù in base alle esigenze dei pazienti, ora con il sistema cook andchill questo non sarà più possibile, come non si potranno più preparare alcune pietanze a cominciare da alcuni risotti. E la qualità allora dov’è?». Le parti sociali sollevano infine un altro dubbio: «Nel bando di gara era previsto che il centro di produzione dei pasti fosse a 50 km al massimo dagli ospedali. Ma da Boara Pisani (Pd) ad Agordo o Pieve i km sono molti di più». Si parla anche della realizzazione di un centro di distribuzione dei pasti vicino a Lentiai per riuscire a rispettare i 50 km dall’ospedale previsti dal bando.

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