Mense ospedaliere di Belluno e Agordo: rischiano il posto cinquanta lavoratori
Con il nuovo appalto garantiti soltanto venti dipendenti. Filcams e Fp Cgil all’attacco: «Che fine faranno gli altri?»
BELLUNO. Che ne sarà dei 19 dipendenti dell’Usl 1, attualmente impiegati nelle cucine degli ospedali di Belluno e Agordo? E della trentina di dipendenti delle società che si occupano di lavare stoviglie e pentole e dividere i pasti?
Cresce la preoccupazione tra i lavoratori che in questi anni hanno gestito le mense ospedaliere di Belluno e di Agordo. Il loro destino è molto incerto. A esprimere queste perplessità sono Fulvia Bortoluzzi della Filcams Cgil e Andrea Fiocco della Fp Cgil. «Nel 2016 la Regione ha deciso di indire un bando unico, a livello veneto, per dare in appalto il servizio di ristorazione delle mense degli ospedali. Bando che è stato vinto dalla Serenissima spa (sono ancora in corso le verifiche tecniche,
ndr
), la ditta vicentina che si occupa già della mensa dell’ospedale feltrino e del bar del San Martino di Belluno. L’appalto partirà in estate».
«Oggi le pietanze sono preparate da 15 cuochi nell’ospedale di Agordo e da 24 a Belluno; ogni anno vengono sfornati 500 mila pasti. A Belluno ci sono anche 22 dipendenti della società Markas srl, che si occupano della divisione delle porzioni di cibo da distribuire a pazienti e personale sanitario e del lavaggio di stoviglie e pentole, mentre ad Agordo sono sette i lavoratori della cooperativa La Via che sbrigano lo stesso compito», spiegano Bortoluzzi e Fiocco.
Tutto questo sta per cambiare, visto che il nuovo bando regionale è stato pensato per affidare il servizio mensa a un privato. Il vincitore preparerà i pasti secondo il sistema del “cook&chill”. In poche parole, le pietanze saranno preparate nella sede di Boara Pisani (provincia di Padova), poi, attraverso degli abbattitori, saranno portate a una temperatura utile per essere conservate in maniera sterile. A seconda del trattamento possono essere servite entro 5 o 25 giorni. I piatti così confezionati saranno trasportati a Belluno e ad Agordo, dove saranno serviti a dipendenti e pazienti dopo essere stati riscaldati in un forno apposito. «L’unica cosa che sappiamo con certezza», spiegano i due sindacalisti, «è che nel capitolato d’appalto si precisa che venti persone passeranno alla nuova società. E le altre che fine faranno? Cosa ne sarà dei 19 cuochi che rimarranno a piedi? E dei 30 lavoratori di Markas e La Via? I 19 cuochi dipendenti dell’azienda sanitaria saranno riassorbiti all’interno dell’Usl? E con quali ruoli? Saranno demansionati? Manterranno lo stesso livello economico? All’interno del bando sono compresi anche i pasti per la casa di riposo di Agordo come è ora, oppure no?».
I conti non tornano, neanche quelli che riguardano i lavoratori che resteranno in capo al vincitore del bando. «L’impegno richiesto a questi sarà di 36 ore a settimana, un po’ troppe per riscaldare e distribuire le pietanze. Visto che stoviglie e pentolame dovranno essere riportati nel Padovano per essere lavati e sterilizzati, non vorremmo che ai venti dipendenti venisse chiesto di dare una mano nella sede di Boara Pisani, a oltre 150 km da casa».
I sindacati chiedono che si apra un tavolo di concertazione e di confronto tra le parti per garantire i posti di lavoro a tutti i dipendenti coinvolti in questa partita. «Ecco quello che succede quando non si fanno intervenire le parti sociali al momento della stesura degli appalti. Se questi sono i risultati...», dicono sconsolati Bortoluzzi e Fiocco.
I sindacati di categoria avevano fatto squadra contro questo bando, raccogliendo in pochi giorni settemila firme, firme che la Cisl aveva portato direttamente a Venezia: «Il consigliere Gidoni e l’assessore Coletto avevano rassicurato tutti sui posti di lavoro. Cosa ne è stato, ora, di quelle rassicurazioni?».
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