Meraga: «Tutti uniti contro l’Is e chi semina morte»
BELLUNO. Assalam vuol dire pace. E Islam deriva da questa parola, che alla messa di ieri mattina è stata condivisa da tutti: i fedeli cristiani della chiesa di Cavarzano e i musulmani, che fanno capo al centro culturale islamico di Ponte nelle Alpi. Non a quello cittadino di via Feltre, che non c’è e chissà se ci sarà mai: «Non abbiamo notizie, in questo senso», garantisce il portavoce Mohamed Meraga, «nessuna novità, certo a Ponte stiamo cominciando a essere un po’ stretti, ma c’è chi vuole fare polemica. Quello che volevamo testimoniare è la vicinanza ai cristiani. Noi dobbiamo essere uniti contro questi fanatici, che stanno insanguinando l’Europa. Nel Corano, il nostro libro sacro c’è scritto che ogni singolo crimine è contro l’intera umanità, non una singola persona; e quello che è successo l’altro giorno, a Rouen è di una gravità incredibile. L’Islam è pace, non è certo l’Is, che sta cercando di dividerci con la sua ideologia di odio. Siamo tutti contro la violenza e il terrorismo e predichiamo la fraternità e la solidarietà nei confronto. È un momento difficile, ma siamo chiamati a fare di tutto, affinché la convivenza torni serena».
C’è anche un italiano convertito all’Islam, Pierangelo Abdessalam Pierobon e rappresenta i giovani musulmani. In altri tempi, è stato in contatto anche con i due foreign fighters bellunesi Ismar Mesinovic (morto) e Munifer Karamaleski (ancora in Siria), oltre che con l’indagato espulso Anass Abu Jaffar, ma quel periodo è sepolto: «Siamo gente tranquilla, che vuole vivere e lavorare e purtroppo viene infangata, da fatti che avvengono anche molto lontano da qui. Quello che posso dire è che mi dispiace per le famiglie di chi fa delle scelte che non condividiamo, come quella di andare in Siria a combattere per il sedicente Califfato».
Infine, Zaidi Allal, presidente dell’Unione italiana migranti: «Rappresentiamo 15 associazioni in provincia e condanniamo questi atti barbari che sono accaduti anche negli ultimi giorni. Siamo in Italia e rispettiamo le regole del Paese che ci sta ospitando, permettendoci di pregare il nostro Dio». (g.s.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi