Mesinovic e Karamaleski, otto giorni di viaggio per raggiungere la Siria

Ricostruito dai carabinieri del Ros di Padova il percorso seguito nel dicembre 2013 dai due foreign fighters partiti da Longarone e Chies d'Alpago. Con loro viaggiava anche il figlio di appena due anni di Ismar Mesinovic, il piccolo Ismail Davud, di cui da allora si sono perse le tracce
Munifer Karamaleski (secondo da sinistra) e Ismar Mesinovic con in braccio il figlio Davud durante la loro permanenza nel Bellunese
Munifer Karamaleski (secondo da sinistra) e Ismar Mesinovic con in braccio il figlio Davud durante la loro permanenza nel Bellunese

BELLUNO. Il primo confine attraversato a Trieste, il 15 dicembre 2013, poi il percorso attraverso Bosnia, Macedonia, Grecia e Turchia, prima di giungere a destinazione, in Siria, il 22 dicembre.

Un viaggio lungo otto giorni quello che, secondo la ricostruzione dei carabinieri del Ros di Padova, a fine 2013 aveva accomunato il bosniaco Ismar Mesinovic, l’allora 36enne imbianchino residente tra Longarone e Ponte nelle Alpi partito con al seguito il figlio di appena 2 anni Ismail Davud (di cui da allora non si sono avute più notizie, nonostante i ripetuti e disperati tentativi della madre Lidia Solano Herrera di rintracciarlo), il 30enne Munifer Karamaleski (residente a Palughetto di Chies d’Alpago, dove ancora oggi vive la famiglia) e il macedone Ajhan Veapi, il reclutatore macedone di combattenti per lo Stato Islamico a lungo residente ad Azzano Decimo (Pordenone) e nei confronti del quale il tribunale del riesame di Venezia ha confermato la permanenza in carcere.

È opinione del Collegio lagunare, si legge nel documento depositato nei giorni scorsi in cancelleria, che il compendio indiziario fin qui raccolto evidenzi, da un lato, un’adesione ideologica del Veapi alle tesi sostenute dall’imam Bilal Bosnic, tanto da promuoverne l’arrivo in Italia e la predicazione coranica. Dall'altro, una piena e totale disponibilità ad assumere un ruolo non solo di intermediazione, ma decisamente attivo nell’individuare i fratelli “maturi” per l’avvio della Jihad intesa come guerra santa da realizzare attraverso il martirio, tale essendo la morte in combattimento e quindi in definitiva tesi a determinare un’adesione allo Stato islamico. Stando al documento, Veapi (intercettato a fine febbraio dai carabinieri del Ros di Padova, mentre era in procinto di lasciare l’Italia) non solo avrebbe accompagnato in Bosnia, nella casa dell’imam Bosnic, i due combattenti islamici “bellunesi” da lui reclutati, ma l’analisi dei visti apposti sul suo passaporto e quelli degli altri due consentono di ricollegarlo come presente al viaggio effettuato da Ismar Mesinovic e Munifer Karamaleski verso la Siria.

Il percorso, come detto, parte da Trieste, dove il gruppo transita nel primo pomeriggio del 15 dicembre 2013 per arrivare (attraversate Slovenia e Croazia) a Potocani, in Bosnia, intorno alle 20 del giorno successivo. È verosimile che vi sia stata una sosta intermedia di saluto proprio all’imam Bosnic, poi il viaggio prosegue il 18 dicembre, attraversando alle 19 il confine bosniaco di Brod, verso la Macedonia. Il 20 dicembre il gruppo di foreign fighters attraversa il confine verso la Grecia, alle 14, e alle 20 entra in territorio turco ad Ipasla. Il 22 dicembre, infine, escono dalla Turchia verso il confine siriano. Là li attende un combattente bosniaco che accompagnerà Mesinovic e Karamaleski in un centro di addestramento. Ma oltre ai passaporti a parlare è anche un amico albanese di Mesinovic (morto a inizio gennaio 2014 nei pressi di Aleppo, durante i combattimenti) e di Karamaleski, il quale ai carabinieri del Ros di padova, che hanno condotto le indagini, riferisce di aver saputo dai due, attraverso alcune telefonate, che inizialmente erano stati dislocati ad Aleppo. Successivamente Mesinovic era stato impegnato in un check point dell’Isis controllato anche da pattuglie di ribelli della Free Syrian Army, mentre Karamaleski era stato assegnato alla vigilanza di un deposito.

Per il Tribunale di Venezia la figura apicale è quella del predicatore salafita Bosnic, mentre Veapi è risultato essere il principale interlocutore in Italia dell’imam bosniaco. (ma.ce.)

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