Messner: «Scalare senza sicurezza è molto pericoloso Serve esperienza»

l’intervistaLe Tre Cime di Lavaredo sono prese d’assalto, in questi giorni, da numerose cordate. E anche da qualche arrampicatore solitario. Ma nella stragrande maggioranza delle salite, rari sono i...

l’intervista

Le Tre Cime di Lavaredo sono prese d’assalto, in questi giorni, da numerose cordate. E anche da qualche arrampicatore solitario.

Ma nella stragrande maggioranza delle salite, rari sono i casi di coloro che azzardano di andare in libera. «Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che se da lassù si cade, la fine è sicura» afferma Reinhold Messner, l’alpinista ed esploratore più autorevole al mondo, che in questi giorni sta girando “Assassinio dell’impossibile” sul Civetta e sulla Marmolada.

Giulio Campastro, romano, 47 anni è l’alpinista caduto l’altro ieri per circa 200 metri, mentre scalava la Normale della Piccola, rimettendoci la vita; saliva privo di corda, che peraltro teneva nello zaino.

Messner, quante volte ha fatto le Tre Cime?

«Un’infinità di volte. Sulla Piccola ho aperto 16 vie e la Normale l’ho fatta quando avevo ancora 15 anni».

Ma la Normale della Piccola, si può fare senza essere assicurati?

«Sì, ma bisogna avere la capacità di salire senza corde. Anzi, prima ancora bisogna avere la consapevolezza – che porta alla necessaria prudenza – che se si cade, si muore; lassù, da qualsiasi altezza non c’è scampo».

Si può salire in libera già la prima volta che si affronta la Normale o qualsiasi altra via?

«È assolutamente consigliabile sperimentare la salita con le necessarie assicurazioni. Solo dopo, magari conoscendo, metro dopo metro, dove esattamente mettere le mani e i piedi, si può tentare di farlo senza corde. A volte basta avere le mani sudate per scivolare dall’appiglio».

Può accadere che la mano scivoli sul sudore lasciato da altri scalatori in precedenza?

«Può succedere. E proprio per questo bisogna avere mille attenzioni».

C’è chi stava salendo e avrebbe visto l’alpinista in sorpasso, in libera ben s’intende …

«Basta uscire di un metro o due dalla normale per incappare in qualche sorpresa. Ecco perché è consigliabile avere la corda. D’altra parte, il soccorso dell’altro ieri è stato oltremodo difficile».

Come fa a saperlo?

«È intervenuto l’elicottero dell’Aiut Alpin di Bolzano. Era di turno il mio amico Gabriel Kostner, il più bravo elicotterista delle Dolomiti. Mi ha raccontato che ha dovuto quasi incunearsi tra la Piccola e la Grande. E siccome non riusciva a calarsi ha dovuto lanciare un lungo verricello. Il corpo era sul nevaio. Anche lui, Gabriel, non sapeva come lo sfortunato alpinista fosse finito là sotto. Evidentemente, però, deve essere caduto ancora nella prima parte della Normale, dove le difficoltà sono di terzo e quarto grado, non superiori. Quindi è evidente che sia scivolato».

Col rischio anche di finire addosso ad altri alpinisti?

«Evidentemente sì, proprio per questo ci vuole un supplemento di responsabilità, soprattutto in questi giorni, quando sulle pareti c’è quasi la coda».

Ai suoi tempi c’era più preparazione e, quindi, anche più prudenza?

«I giovani professionisti oggi sono molto più preparati e consapevoli, e quindi più prudenti, di quanto non lo fossimo noi. La verità è che le Tre Cime sono pareti difficili e che la Piccola lo è ancor più delle altre, soprattutto nella parte finale. Però io non giudico una persona se è prudente o meno. Può essere la più preparata e capitarle l’imprevisto. Arrampicare, non lo si scordi mai, non è un gioco. E con la vita non si può giocare».

Provi a tradurre.

«Non si può sottovalutare il pericolo che la montagna nasconde. Oggi, probabilmente, seppur professionalizzati, qualche volta si arrampica senza aver valutato compiutamente tutte le difficoltà a cui si va incontro».

Lei ha fatto dell’impossibile la sua filosofia di vita…

«Anche un film, se è per questo. Ma l’impossibile per me vuol dire anche saper dire di no. Saper rinunciare». —

Francesco Dal Mas

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