Messner: «Sì al collegamento Padola-Val Pusteria per non far morire il Comelico»

Per l’alpinista altoatesino «lo sci ha un futuro solo nei grandi comprensori» E agli ambientalisti dice: «Non sono stati eletti, quindi non possono decidere»

Uno spettacolo unico dal monte Rite, ancora carico di neve. Reinhold Messner, che gestisce il “museo fra le nuvole”, ha approfittato della bella giornata di sole per girare un documentario che andrà in onda in mezza Europa. È quassù che incontra il suo compagno di avventure alpinistiche Peter Habeler e che, insieme a lui, pronuncia un sonoro no a nuove autostrade e un sì rotondo ai nuovi collegamenti ferroviario. E partendo dalla condivisione dei progettati impianti tra il Comelico e la Val Pusteria, raccomandano – entrambi – i collegamenti tra hub sciistici, a condizioni che non siano ambientalmente invasivi. Quanto, poi, al Rite e a Cibiana, Messner si dice pronto ad avviare il secondo museo al Taulà dei bos, perorando la causa di un trasporto funiviario tra passo Cibiana e il Rite, per evitare il trasbordo in navetta.

Perché questo incontro sul Rite con Habeler e altri amici che hanno partecipato alle sue grandi scalate?

«Cinquant’anni fa sono stato sulle Ande e ho compiuto le mie prime ascensioni nelle Dolomiti, le vie più difficili. Con Peter abbiamo conquistato l’Everest, l’anno prima. Abbiamo deciso di festeggiare insieme, in questo paradiso che è la cima del Rite».

Un “paradiso” che lei, da regista, farà conoscere in mezza Europa.

«È per la rete “Arte”, che vuol far conoscere i miei musei e le montagne di riferimento. Tempo fa ho girato dall’elicottero, oggi sono qui con il drone».

Le popolazioni di montagna hanno diritto all’autodeterminazione, a rivendicare l’autonomia nella progettazione e nella gestione del loro futuro? È accaduto in questi giorni in Comelico...

«Sì, soprattutto perché quella valle ha una grande potenzialità. A condizione che si colleghino il Comelico, la Val Pusteria e il Tirolo dell’Est. Certo, ci vuole un progetto sostenibile, tale da non penalizzare altre vocazioni locali, come l’agricoltura, la zootecnia».

Ma ci sono problemi di tutela Unesco.

«Nient’affatto, siamo all’esterno, in zona buffer».

Gli ambientalisti non ci stanno...

«Sono stati eletti? Non possono decidere loro».

Dicono che lo sci è in crisi.

«Hanno ragione. C’è futuro solo per i grandi hub. E questo può diventarlo».

La Regione vuol collegare anche Cortina con il Civetta e con Arabba e la Val Badia.

«Ha ragione. I piccoli impianti sono destinati a morire. Economicamente non reggono».

Possono essere un’alternativa alle auto sui passi?

«Perché no? Bisogna studiare bene la soluzione. Qualcosa bisogna pur farlo».

Si è tornati a discutere del prolungamento dell’A27…

«Ancora? Basta. Io mi auguro che quando arriverà il tunnel del Brennero, per l’autostrada non facciano più passare camion, se non quelli per il trasporto locale».

Meglio il collegamento ferroviario?

«Sì, ma bisogna crederci sul serio, non a parole. Specialmente se riusciremo a produrre l’elettricità con il vento e con l’acqua e non con il petrolio. Perché in Italia adesso la maggior parte dell’energia si fa con il petrolio».

Cortina si rilancerà con le Olimpiadi?

«Prima ancora con i Mondiali di sci. Ma deve smettere di cullarsi sugli allori. Gli ampezzani devono imparare a reinvestire come hanno fatto, ad esempio, quelli della Val Pusteria, dove, guarda caso, vanno i turisti che abbandonano Cortina. Ecco perché dico che il Comelico non deve rimanere alla finestra. Da noi gli alberghi cominciano ad aprire in maggio e chiudono a fine ottobre. L’estate a Cortina quasi non conta».

Di tedeschi ne arriveranno ancora molti?

«Attenzione. La Germania avrà una crisi. Bisogna puntare sui cinesi, che già frequentano numerosi la Svizzera, come i giapponesi e i sud coreani. Rischiamo di perderli. Dobbiamo far leva sul Patrimonio Unesco. Magari offrendo un’ospitalità di maggiore qualità. Se i cinesi leggono tante nostre recensioni via internet, scelgono altrove».

Che cosa si augura dalla nuova amministrazione di Cibiana?

«Ha tutta la mia fiducia. Ho messo a disposizione il museo del Campo base, al Taulà. Possono aprirlo. Così anche il paese ha qualche cosa da far vedere. Vi è rappresentata la storia dell’arrampicata».

È ancora convinto che per salire sul Rite è meglio un piccolo impianto?

«Un mini impianto, per nulla invasivo, dal costo di uno o due milioni. Una telecabina che sale e una che scende, con un unico operatore. La Regione Veneto potrebbe farsene carico». —

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