Metalmeccanico: tante ombre, poche luci
BELLUNO. Sono più le ombre che le luci nel settore metalmeccanico bellunese. Alla ripresa delle attività delle fabbriche, dopo le chiusure estive nel mese di agosto, restano le criticità che già da tempo assillano il settore. Così come le problematiche delle aziende in crisi.
Il panorama, insomma, non è dei più rosei, come sottolineato da Luca Zuccolotto, segretario generale della Fiom Cgil, che traccia una panoramica sull’andamento del settore: «Ci sono alcune situazioni che ci preoccupano in modo particolare», commenta. «Una di queste è quella della Ima Ferroli di Alano di Piave. Si tratta di una realtà per cui c’è mercato, produttività, qualità ed efficienza. Il problema è finanziario: mancano le risorse e le banche non vogliono dare il proprio aiuto».
Il “caso” dell’azienda, che conta 137 dipendenti, è in mano al tribunale di Verona, che ha in carico il procedimento del concordato in bianco e quello fallimentare per la ristrutturazione del debito. Due giorni fa Fiom Cgil e Fim Cisl hanno inviato una lettera al prefetto, al presidente della Provincia di Belluno e al sindaco di Alano, chiedendo di convocare urgentemente un incontro per valutare la reale situazione e le future prospettive occupazionali e industriali del sito bellunese. «Avevamo già lanciato mesi fa un grido d’allarme all’assessore regionale Elena Donazzan», aggiunge Zuccolotto. «Abbiamo informato i parlamentari e sappiamo che Raffaela Bellot ha preparato un’interrogazione parlamentare che sarà depositata nei prossimi giorni. La nostra preoccupazione è che la situazione finanziaria possa avere ricadute occupazionali».
Spostandosi a Mel, «alla Wanbao Acc Italia è cambiata la proprietà, ma i problemi sono rimasti», mette in risalto il segretario Fiom. «Il mercato non c’è e speriamo che qualcosa cambi: è impensabile che il 2016 possa essere come il 2015. Sarebbe insostenibile».
Nello stabilimento zumellese i dipendenti stanno lavorando 2-3 giorni a settimana. L’azienda si è impegnata a presentare un piano industriale entro fine settembre. «Stiamo monitorando la situazione e ci auguriamo che la promessa sia mantenuta», dice Zuccolotto, «e che venga presentato un piano che sia veramente di rilancio».
Un piano industriale manca anche alla Procond di Longarone. «Al più presto terremo un incontro per capire quali sono i prossimi passaggi da fare. L’azienda sta lavorando bene, ma finché manca il piano non si può capire dove si sta andando. Finora le promesse fatte (che annunciavano nuovi posti di lavoro e un sostanzioso premio di risultato per i dipendenti) sono state smentite».
Sotto la lente anche la ex Smit Textile srl di Valcozzena ad Agordo, l’azienda che produce telai per macchine tessili industriali, la cui sede principale è a Schio. «Una realtà che ha meno di 30 dipendenti, ma tutti di alto livello professionale», fa presente Zuccolotto. «Il curatore fallimentare ha potuto dare seguito nei mesi scorsi alle numerose domande di acquisizione. La produzione potrebbe ripartire, ma l’importante è che lo stabilimento storico di Agordo non sia smantellato».
E la Fiom chiederà presto al Mise anche una verifica sul piano industriale presentato dal nuovo gruppo Albertini che ha acquisito la ex Form di Quero: «Vogliamo che il Governo controlli che gli impegni presi siano rispettati».
«In tutte le aziende del metalmeccanico si sta discutendo del rinnovo dell’integrativo», aggiunge Zuccolotto, «come alla Pandolfo di Lentiai, dove un altro punto cruciale che dobbiamo trattare è quello dell’orario di lavoro».
In un contesto generale di crisi, però, ci sono fortunatamente realtà per cui si può guardare al futuro in positivo. «È il caso per esempio della Climaveneta di Pieve d’Alpago, acquisita dal colosso Mitsubishi. Si sta mirando ad ampliare la fetta di mercato», afferma Zuccolotto. «Una certa tranquillità pare esserci anche nel comparto dell’elettronica, così come nel settore del freddo».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi