«Mi vietano di ristrutturare la mia casa»
SAN PIETRO. «La mia casa di Presenaio, in via Picosta 1, sta cadendo letteralmente a pezzi; ma, per la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Venezia, è un bene da tutelare e dunque mi è impedito di intervenire sulla base; mi scrivono, fra l'altro, di un provvedimento di notifica del 14 agosto1928 – sì, proprio 1928, non vi prendo in giro – secondo il quale nella casa ci sarebbe una stua originaria rivestita in legno intagliato».
Erminio De Zolt Lisabetta è arrabbiato e stupefatto nel ricostruire una vicenda che, a suo dire, ha dell'incredibile.
«Non si rendono conto, questi signori», prosegue, che dal 1928 sono passati quasi 100 anni – dicasi un secolo – , ci sono state la seconda guerra mondiale, le due alluvioni del 1966, lo strascico del terremoto del Friuli. Insomma, che qualcosina da allora è cambiata...».
Ed ecco come De Zolt ricostruisce la vicenda in una lettera inviata alla Sovrintendenza.
«Nel 1993», spiega, «acquistai una porzione, per la precisione metà, di una casa con annesso fienile nel Comune in cui risiedo. La mia intenzione era quella di ristrutturarla per ottenerne degli appartamenti e in questa ottica mi mobilitai tramite l’ausilio di un geometra per l’esecuzione e la presentazione dei progetti al Comune di San Pietro».
Ma il Comune risponde che non può visionare quel progetto perché la casa è sottoposta a vincolo da parte delle Belle Arti, e che andavano comunque apportate delle modifiche al progetto ed ai documenti.
«Inizia qui quella che, a distanza di 21 anni», prosegue De Zolt, « io definisco l’odissea della mia casa storica».
In sintesi, dopo aver fatto con il tecnico le modifiche richieste dalla Sovrintendenza ed essersi recato personalmente con due tecnici a Venezia, a Erminio De Zolt venne chiesto di fare nuove varianti, rassicurato che «con tali modifiche il progetto sarebbe stato approvato. In realtà poi mi chiesero ulteriori documentazioni».
Nella stessa zona però, sempre secondo De Zolt, «vi erano all’epoca molte abitazioni con vincoli storici e molte di esse sono state ristrutturate; e so, con assoluta certezza, che queste abitazioni hanno ottenuto tutte delle sovvenzioni per il mantenimento del loro valore. A me invece venivano richieste continuamente nuove documentazioni che, come risaputo, hanno un costo».
Insomma, per evitare spese ulteriori, De Zolt decide di lasciar perdere; anche perché aveva perso l'entusiasmo «che avevo riposto nel rendere esteticamente migliore un edificio, che al mio paese chiamavano e chiamano volgarmente calubera, ovvero rudere. Ora però, pensionato alla soglia dei settant’anni, avrei voluto tentare nuovamente la strada della ristrutturazione».
Così la scorsa primavera De Zolt è ripartito all'attacco, convinto che «non vi fossero elementi storici di rilievo in quanto l’abitazione ormai è fatiscente, un vero e proprio rudere. Ma ecco la risposta della Sovrintendenza, che lo ha fatto imbestialire. «Si comunica che l’immobile in questione conserva caratteristiche di notevole interesse architettonico e storico, riscontrabili nell’impianto originario... e nelle forme e nei materiali costruttivi quali la lavorazione in block bau del corpo laterale». E poi ancora quel riferimento al provvedimento di notifica del 14.08.1928. «Quando ho ricevuto quest'ultima comunicazione ho dovuto controllare più volte se fosse vero quello che vedevo: 1928. Sono passati quasi 100 anni, e questa è una risposta che non posso assolutamente accettare. Adesso esigo chiarimenti».
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