Migranti in provincia di Belluno, nel 2017 serviranno 900 posti

La Prefettura sta lavorando in vista del prossimo anno per allargare l'offerta di alloggi: oggi gli ospiti sono 623 ma le stime dicono che aumenteranno

BELLUNO. Una nuova gara per l’accoglienza dei migranti. La Prefettura la sta preparando e sarà valida per il 2017. Il criterio sarà sempre quello dell’accoglienza diffusa, che prevede che i migranti, divisi in piccoli gruppi, siano ospitati in tutti i comuni della provincia. In realtà ad oggi sono solo ventuno i comuni dove le cooperative hanno trovato alloggi nei quali sistemare i migranti nell’attesa che le commissioni di valutazione facciano il loro lavoro e stabiliscano se le persone hanno diritto o meno allo status di rifugiato. Ma anche nel prossimo bando di gara la Prefettura intende “premiare” con un punteggio maggiore le cooperative o i soggetti che troveranno sistemazioni per i migranti nei territori che oggi non sono parte del progetto di accoglienza.

La nuova gara, che uscirà a breve, servirà per coprire 900 posti: le indicazioni ministeriali dicono che al numero di migranti attualmente ospitati in una provincia (nel Bellunese sono 623) va aggiunto il 20 per cento. Così saltano fuori 750 posti. Ma a questi va aggiunto quello che in gergo tecnico si chiama quinto d’obbligo (cioè un altro venti per cento) e si arriva ai 900 posti letto che bisognerà avere a disposizione per il prossimo anno. Si stima che il 2017 avrà un andamento simile al 2016, quando sono arrivati in provincia 255 migranti in più rispetto al 2015. Se accadrà la stessa cosa il prossimo anno, dai 623 attuali diventeranno 878.

In provincia l’accoglienza funziona attraverso le cooperative e con il criterio dell’accoglienza diffusa, ma il Comune di Belluno ha messo a disposizione anche una struttura di emergenza, nel caso in cui arrivino molti migranti in un brevissimo tempo. Per evitare di montare una tendopoli, il Comune ha dato in comodato alla Prefettura la ex scuola elementare di Orzes, che fino ad oggi non è mai stata usata. In ogni caso, se mai capiterà, i migranti potranno rimanere in quei locali solo per dieci giorni, in attesa di migliore sistemazione. Nel rinnovo del protocollo d’intesa sono stati aggiunti anche due locali al villaggio Le Stue, in Nevegal. Si tratta di beni che sono stati confiscati alla mafia e che per legge devono essere utilizzati per scopi sociali.

E se a Belluno molti nodi dell’accoglienza sono stati sciolti, grazie al lavoro portato avanti dai sindaci e dalla Prefettura, a livello nazionale restano aperte molte questioni da risolvere. «Manca ancora un piano per i minori non accompagnati», spiega l’assessore Valentina Tomasi. «In Italia sono circa 15 mila e sono accolti nelle strutture per minori che si trovano principalmente nel sud Italia. Ma è necessario individuare un sistema efficiente, come è stato fatto per gli adulti, per la loro gestione».

La Tomasi punta l’attenzione anche sulla necessità di velocizzare gli iter per il riconoscimento dello status di rifugiato, sulla formazione del personale per evitare ricorsi (che in molti casi stanno dando esito positivo: un migrante su tre ottiene la protezione umanitaria, mentre lo status di rifugiato lo ottiene il 5-6%). Infine c’è il grosso problema dei rimpatri: «Non appena un migrante ottiene il diniego, deve essere mandato via dal Paese che l’ha accolto, ma da chi? Come?», si chiede la Tomasi. «Bisogna prendere una decisione, perché chi non ottiene lo status di rifugiato non gode più del sistema dell’accoglienza. Non ha un alloggio nè da mangiare. Si rischia di creare un problema di ordine pubblico».

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