Minaccia l’avvocato: stangato l’anonimo

Il mittente della lettera incastrato dal nastro bicolore di una macchina da scrivere e condannato anche a un risarcimento

BELLUNO. Lettera anonima all’avvocato. Incastrato dal nastro bicolore della macchina da scrivere, Alessandro De Rossi è stato condannato a un anno di reclusione e a un risarcimento danni di 15 mila euro al destinatario Paolo Patelmo. È tutto quello che avevano chiesto il pubblico ministero Rossi e il legale di parte civile Giorgio Gasperin (5 mila di provvisionale). Non era d’accordo solo il difensore Dolif, che avrebbe voluto l’assoluzione per insufficienza di prove, in subordine il minimo della pena con i benefici, se concedibili.

La lettera viene aperta il 4 settembre 2013, giorno in cui lo studio Patelmo riapre dopo la pausa estiva. Se ne occupa la segretaria, che si accorge della stampigliatura sul retro “Tribunale di Viterbo, sezione staccata di Montefiascone”. Sul foglio, un testo ingiurioso e minaccioso firmato «un gruppo di persone che ti vuole morto ammazzato». Un attacco alla sua attività professionale e, al tempo stesso, anche politica.

È lo stesso Patelmo a indirizzare le indagini, sulla base del fatto che a Viterbo ha difeso più di qualche persona e da quelle parti ha una proprietà. Qualche termine usato dall’anonimo gli richiama alla memoria un processo, nel quale ha tutelato come parte offesa il fratello di Alessandro De Rossi. Negli atti c’è anche della corrispondenza, che può ricordare la lettera anonima. De Rossi viene perquisito il 26 novembre e i poliziotti della Digos gli sequestrano una macchina da scrivere e dei fogli dattiloscritti.

Patelmo è spaventato e anche nella deposizione di ieri ha illustrato alcuni dettagli preoccupanti del passato di De Rossi. Cerca di proteggersi con un impianto di videosorveglianza e fa grande attenzione tutte le volte che va a Viterbo. Gli accertamenti della polizia, anche della scientifica di Padova, permettono di trovare il testo della missiva in negativo sul nastro della macchina che finisce all’Ufficio Corpi del reato.

Alessandro Dei Rossi finisce a processo per ingiuria e minaccia aggravata, premesso che nel frattempo il primo reato è stato depenalizzato. Patelmo avrebbe anche ritirato la querela, di fronte a una lettera di scuse, ma quello che ottiene è un’altra lettera, questa scritta a mano e firmata in fede, indirizzata al Consiglio superiore della Magistratura e, per conoscenza, alla Procura della Repubblica di Belluno. Una richiesta di archiviazione del proprio procedimento e l’invito a far abbassare la cresta a Patelmo.

Sentite la requisitoria del pm Rossi e l’arringa degli avvocati Gasperin e Dolif, il giudice Coniglio ha condannato De Rossi.

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