«Mio zio aveva fiducia nel medico ayurvedico»

E’ entrato nel vivo delle testimonianze il processo al dottor Guido Sartori accusato di omicidio colposo per la morte di un paziente ampezzano
Un'aula di tribunale in un'immagine d'archivio.
Un'aula di tribunale in un'immagine d'archivio.

BELLUNO

«Mio zio era assolutamente convinto che con quella cura ce sarebbe guarito ed aveva la massima fiducia nel dottor Sartori. Poi, però, quando si sottopose ad analisi presso l’ospedale di Pieve di Cadore, la situazione era ormai compromessa». Ha parlato , a tratti in lacrime, la nipote di G.Z., il paziente ampezzano del medico ayurvedico Guido Sartori, 56 anni di Bologna, alla sbarra per omicidio colposo.

La vicenda risale al novembre 2002 quando, dopo una serie di esami, al paziente fu diagnosticato all'ospedale di Pieve di Cadore un cancro al retto. Un brutto colpo che indusse G.Z. a consultare diversi pareri medici prima di decidere la terapia da seguire. Nel gennaio del 2003 un medico gli consigliò di sottoporsi ad un intervento chirurgico per ridurre il volume del cancro e quindi sottoporsi alla chemioterapia. Ma l'uomo, dopo essere stato consigliato da un’amica veneziana, scelse di seguire i metodi di cura della medicina ayurvedica del dottor Sartori. Due anni dopo, il 16 giugno del 2005, il paziente ampezzano morì all'ospedale di Pieve di Cadore.

La procura della Repubblica di Belluno contesta al noto professionista bolognese l'accusa di omicidio colposo. Un'accusa che si fonda su alcuni punti. Tra quesi il fatto che Sartori avrebbe convinto G.Z. a non seguire le terapie della medicina tradizionale. Lo avrebbe cioè sconsigliato di sottoporsi ad un intervento chirurgico, come suggerito da un altro medico, per ridurre il volume del tumore e perfezionare la "stadiazione" in modo da iniziare una cura chemioterapica. Inoltre il medico chirurgo bolognese avrebbe convinto il paziente a seguire le terapie a base di medicinali "ayurvedici" e a diete alimentari vegetariane con cibi cotti e terapie prescritte nel suo ambulatorio di Bologna.

Nel corso dell’udienza di ieri è stata sentita anche l’amica veneziana di G.Z., che gli consigliò di provare la terapia dell’imputato. «A fine del 2002 - ha raccontato la donna in aula - G.Z. mi chiamò per informarmi che gli avevano diagnosticato un cancro. Lui era perplesso perché diversi medici gli avevano detto di sottoporsi ad un’operazione. Allora gli consigliai di sentire anche il parere del dottor Sartori che stava curando da un tumore al seno una mia amica di 49 anni. Purtroppo anche lei morì dopo due anni e mezzo di malattia». La donna ha anche raccontato di essersi presa a cuore la vicenda di G.Z.: «Io stessa - ha raccontato - saltuariamente chiamavo Sartori per informarmi dello stato di salute del mio amico. Un giorno lo costrinsi a venire a Cortina per visitarlo: avevo visto G.Z. fisicamente a pezzi . So che dopo la visita, G.Z. si risollevò di morale perché Sartori lo rassicurò. Purtroppo, però, ciò non bastò per salvarlo». Il processo prosegue il 27 febbraio.

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