Missionario in Niger rassicura il vescovo «Per ora qui è calmo»
BELLUNO. Le sommosse contro i cristiani sono passate dalla Nigeria al Niger e ieri l’arcivescovo di Niamey (la capitale) ha chiesto alle sue parrocchie di non celebrare messa, per timore di attentati.
Non è così lontano da Belluno, il Niger, e non solo perchè tutto il mondo ormai è a portata di mano (o di internet o di telefono), ma anche perchè in Niger c’è un missionario bellunese, don Augusto Antoniol, di Lamon, che da anni vive in Africa in mezzo ai conflitti e alle guerre. Quando era in missione a Sakassou in Costa d’Avorio, aveva passato momenti difficili e molto pericolosi, con la missione al centro di feroci combattimenti.
Ora è da alcuni anni in Niger, a Gayà, al confine con la Nigeria. Da lì ha inviato una mail rassicurante al vescovo di Belluno, Andrich: «Qui è tutto calmo, per ora» ha scritto. «Probabilmente domani (ieri per chi legge, ndr) potremo celebrare la messa. Uniti nella preghiera». E di lui, della sua missione e dei pericoli che corre, ha parlato il vescovo Andrich nella giornata delle Migrazioni, celebrata nella parrocchia di Sargnano.
La situazione in Niger è peggiorata negli ultimi giorni. Nella capitale non ci sono stati morti e feriti, ma molti saccheggi che hanno provocato danni alle strutture delle parrocchie. Scrive l’arcivescovo Michel Cartatéguy: «La situazione è di gran lunga lontana dall’essere sotto controllo e movimenti anticristiani possono riemergere. Incendi e saccheggi hanno interessato numerose parrocchie». Nella seconda città del Niger (Zinder) si contano quattro morti, tre civili e un poliziotto, e sette chiese distrutte. I 285 cristiani di quella città si sono rifugiati in una base dell’esercito, in seguito al saccheggio della chiesa, della casa dei sacerdoti e di quella delle suore.
L’arcivescovo conclude il suo messaggio così: «Rimaniamo fermi e uniti in preghiera, perchè l’amore è più forte dell’odio e della violenza. Sono vicino a tutti e a ciascuno di voi, così come alle vostre comunità».
La situazione nella missione di don Augusto sembra tranquilla, «per ora», ha scritto nella sua mail al vescovo Andrich. Gayà è una città di 70mila abitanti al confine con la Nigeria e da lì possono arrivare i pericoli maggiori, anche se ora le manifestazioni anti cristiane non hanno più confini. Nella città di Gayà ci sono solo 100 cristiani, tutto il resto della popolazione è musulmana.
Nell’autunno scorso, a Lamon per un periodo di riposo, don Augusto raccontava: «Non abbiamo molti problemi, anche se siamo così pochi. Siamo ben visti dalle autorità locali, se ci atteniamo alle regole. Cioè non si può fare proselitismo. Abbiamo una scuola, che è molto apprezzata per la qualità dell’insegnamento e infatti viene frequentata da circa 140 alunni, ben più del numero dei cristiani presenti in città. Celebriamo messa in un capannone, che non ha particolari simboli cristiani, e questo aiuta contro chi assalta le chiese, come accade in Nigeria».
La situazione attuale in Niger è la conseguenza dell’uscita dell’ultimo numero di Charlie Hebdo, quello dopo l’attentato. Le nuove vignette su Maometto hanno rinfocolato le proteste del mondo islamico, che sono diventate violente in molte parti del mondo. Una violenza che è passata dalla Nigeria dove da tempo ci sono terribili massacri e vengono incendiate le chiese, anche al Niger che era rimasto finora estraneo alla violenza. L’ambasciata francese di Niamey ha invitato i connazionali a non uscire di casa. E inviti alla calma sono arrivati dalle alte cariche dello Stato. «L’Islam è contrario alla violenza», hanno detto. Messaggi finora inascoltati.
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