«Molti non credevano nella nostra idea»

Angelo Devich ricorda le battaglie per ottenere il soccorso in elicottero e farlo funzionare

BELLUNO. «Ci chiamavano i tre “angeli”: io, Angelo Costola e Angelo Lino Del Favero. E tra noi c’era grande collaborazione e intesa. Una stima profonda e reciproca che ci ha visti impegnati per ottenere il servizio di elisoccorso qui in montagna».

A ricordare quegli anni con nostalgia è Angelo Devich, allora capo della delegazione bellunese del Soccorso alpino. «La battaglia non è stata semplice anche perché molte autorità politiche nel Bellunese non credevano al servizio che volevamo mettere in piedi. Ma siamo andati avanti lo stesso».

Devich ricorda come il servizio attuale del Suem sia ispirato a quello austriaco, oltre che a quelli che all’epoca esistevano in Lombardia, Valle d’Aosta ed Emilia Romagna. «Con Costola abbiamo lavorato gomito a gomito dal 1987 al 1994. Ricordo i giri fatti in Austria, a Lienz e Innsbruck per conoscere come funzionava da loro. Ricordo», continua l’allora capo del Cnsas bellunese, «quella volta che abbiamo soccorso un austriaco e lo abbiamo portato a Lienz: ad attenderci c’erano schierati i gendarmi per permetterci lo sdoganamento dell’elicottero. Ma quando siamo ritornati in Veneto siamo rimasti fermi tre giorni perché qui le forze dell’ordine non avevano i documenti necessari per lo sdoganamento. Poi però si sono attrezzati».

Devich rammenta anche quando «tra gli anni 1986 e 1988, prima che partisse ufficialmente il Suem, l’allora presidente della Provincia di Belluno ci mise a disposizione 60 milioni di lire e così organizzammo per un mese, durante il periodo estivo, un servizio di elisoccorso con un elicottero Lama con base a Belluno nella sede dell’Elidolomiti. Ma siamo stati molto attenti nell’istituire il servizio: abbiamo fatto una ricerca di mercato per trovare la società di elicotteri più conveniente ma anche che rispondesse a certi parametri che avevamo fissato. Volevamo, ad esempio, che il pilota avesse più di 1600 ore di volo e 500 almeno in montagna, che sapesse lavorare con il gancio baricentrico».

E come ogni novità, le difficoltà non sono mancate all’inizio. «Non è stato facile, ad esempio far lavorare insieme infermieri, medici e volontari del Soccorso alpino. All’inizio i primi non venivano portati nella zona dell’intervento e quindi pensavano che si volesse togliere loro il posto. E così io e Costola con un gran lavoro diplomatico siamo riusciti ad appianare i dissidi creando un servizio e un gruppo di grande professionalità. Quando poi sono passato a dirigere il soccorso alpino regionale i miei contatti con Costola sono continuati per i corsi di formazione dei volontari. Sono bellissimi ricordi che porterò sempre con me». (p.d.a.)

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